L'Aquila, 06 Aprile 2009

Le parti del nostro animo che la guerra ci ha strappato, ritorneranno al focolare.

domenica 29 novembre 2009

Regionali Puglia

Bersani si è già rimesso i baffi.

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"Avremmo dovuto farla a L'Aquila la manifestazione - ha detto - ma L'Aquila e' una citta' che rischia di diventare fantasma e non vorremmo che l'Abruzzo diventasse una regione fantasma nel panorama nazionale sul piano economico e sociale."
Paola Agnello Modica - Segretaria Nazionale CGIL.

Nodo gordiano

Quando il nodo gordiano diviene inestricabile e quando lo stesso rischia di soffocarti o di farti annegare, rimane solo la forza della soluzione alessandrina.
Tagliare il nodo gordiano e riprendere il viaggio.

sabato 21 novembre 2009

L'Europa.

"Après avoir nommé un faible président de la Commission européenne, ils ont désormais nommé un président du Conseil falot et une Haute représentante insignifiante, les chefs d'Etat et de gouvernement ont poursuivi leur politique d'affaiblissement des institutions européennes"(DCB).

Von Rompuy e Asthon

Chi ?
Povera Europa.

domenica 8 novembre 2009

Stazione dell'Aquila

Uno dei pochi posti che sembravano migliorare, ci ha pensato immediatamente la CGIL a trasformarla nell'ennesimo accampamento.

Lhc, ritorno al passato

Una coppia di affer­mati fisici ha suggerito che l’ipo­tetico bosone di Higgs, che gli scienziati sperano di produrre grazie all’LHC, potrebbe essere a tal punto scabroso per la natu­ra che la sua creazione sarebbe sufficiente a produrre un ritor­no al passato e a fermare il sin­crotrone prima che ne produca uno.

sabato 7 novembre 2009

A testa alta.

Sono tranquillo e sono orgoglioso di quello che ho potuto fare per questa città.
Prima, durante e dopo il terremoto.
A testa alta, al fianco delle cittadinanze imperfette.

giovedì 5 novembre 2009

Io, stupido hegeliano.

Un giorno in procura, a parte l'interrogatorio....

Cambio, la sera prima, per l'ennesima volta, luogo di ospitalità.
L'Aquila, un comodissimo divano.
Cena a base di riso nero e melograno, il limoncello della mamma di sara per chiudere.
Lavatrice a 1000 giri con doppia centrifuga, per la camicia da asciugare in una notte, ripresa dal container. Stirata tiepida e leggera alla giacca riestratta integra dalla macchina, cravatta lilla-rossa, jeans già lavati e stirati.
Collegamento ad internet, stampa di ultime cose da aggiungere al dossier da lasciare in procura. Per fortuna la mia mail e una storia collettiva lasciano traccia di tutto, tempi, date, nomi, luoghi, costi.
Sguardo veloce a norme, carte, lettere, atti, verbali.
Barba. Tre passate, a raso intorno allo zigomo, lunga sul pizzo, corta per il resto. Una tisana delle quiete, una tazza di camomilla. Provo a dormire. Le prime ore è difficile, poi meglio del previsto. Mi alzo, mi aggiorno, mi ristampo i primi 5 articoli del decreto 29, mi preparo, faccio colazione, sono nervoso. Integratori di sali minerali, non si sa mai.
La cravatta come sempre, nei suoi rari utilizzi, è splendida. Esco, aspetto i miei avvocati e daniela. Direzione bazzano, caffè, poi in procura. Troppi giornalisti, troppe telecamere. Un saluto a tutti, corretti nell'accettare di parlare solo con gli avvocati. Fotografi e cameramen un pò troppo invasivi. In procura ci attendono.
Cordialità, qualche espressione di sorpresa, tutto abbastanza lineare.
In uscita, si accalcano, anche stavolta semplicemente con gli avvocati.
Io vado a salutare delle amiche che erano sul posto-
Finite le interviste alla spicciolata vengono a chiacchierare con me. Qualche battuta sulla questione politica, sulla giunta, sul Comune. Preoccupazioni diffuse, io tranquillizzo "il sindaco sta stringendo i tempi, a breve ci saranno novità".
d. "Torni a fare l'assessore?", r. "parentesi chiusa!"
d. "Parentesi chiusa con la politica? " r. "parentesi chiusa con l'assessorato, non certo con la politica!"
Si torna a casa, qualche servizio tv. Preparo una minestrina (sigh!!).
Nella casa c'è una influenzata (sarà H1N1 ? vabbè dice Fazio tutto tranquillo....ometto di vigilare sul ceppo che tempo fa, dall'altra parte del mondo, ha generato il virus.....) un altro, tamponato, con il collare, momentaneamente al pronto soccorso ed io, iscritto nel registro degli indagati. Una calda minestrina.
Che giorno strano, dice lei. Perchè invece gli ultimi 7 mesi ti son parsi normali, dico io.
In fondo questa è una casa, questa una cucina, questo un frigo. Certo un interrogatorio non è propriamente una cosa che capita spesso, ma mi pare un giorno migliore di altri, visto quelli che abbiamo passato.

sabato 24 ottobre 2009

Lettera di dimissioni

Al Sindaco dell’Aquila
dott. Massimo Cialente
Al Segretario Generale del Comune dell’Aquila
dott. Vincenzo Montillo
e p.c.
Ai componenti la Giunta Comunale dell’Aquila
Al Presidente del Consiglio Comunale dell’Aquila
avv. Carlo Benedetti

Oggetto: dimissioni da Assessore al Comune dell’Aquila

Egregio Sindaco, caro Massimo,
so bene che l’avviso di garanzia è un atto che un amministratore pubblico può incontrare nella sua attività, anche quando è nella certezza del proprio corretto svolgimento dell’azione politico-amministrativa, così come so bene che in questo specifico caso l’indagine nulla ha a che vedere con il ruolo di assessore nella Giunta Comunale dell’Aquila.
Ho dedicato questi mesi testardamente alla città e in particolare alle persone che l’hanno vissuta e che continuano a lottare per viverla; come sempre ho esercitato fino in fondo le responsabilità che le deleghe attribuitemi solo due settimane prima del sisma comportavano, deleghe pesantissime in un tale contesto.
Anche quando l’animo era più travolto, ho esercitato, bene o male non tocca a me dirlo, responsabilità delicatissime, nella stragrande maggioranza del tempo in silenzio, in un continuo, non sempre facile, ma proficuo rapporto con il Dipartimento della Protezione Civile e con gli altri soggetti istituzionali coinvolti.
Nell’avviso di garanzia mi si comunica di essere indagato, in qualità di Presidente dell’Adsu, carica da me ricoperta a partire da fine aprile 2006: per aver omesso “di vigilare sulla rispondenza dell’edificio alla destinazione” (destinazione definita da atti e ristrutturazioni avvenute dal 1977 al 1982, n.d.r.); per aver omesso “di vigilare sulla adeguatezza statica e sismica delle strutture dell’edificio sia in relazione alla originaria consistenza strutturale” (costruzione avvenuta nel 1965 n.d.r.), perché “sia in relazione agli interventi succedutisi nel corso degli anni” (1977-1982, 1998-2002 n.d.r.); “non garantiva a fronte di tutti i detti lavori di manutenzione straordinaria recupero o ristrutturazione il rispetto delle esigenze relative alla sicurezza e alla prevenzione antisismica”
Naturalmente il tempo aiuterà a far emergere ruoli, competenze, date, fatti e realtà, ma in questi casi non basta la propria assoluta certezza, conta anche la fiducia dei cittadini nell’istituzione, fiducia che la notificazione di garanzia, anche per quello che negli anni è diventato questo atto nell’immaginario collettivo, potrebbe mettere a repentaglio.
So bene che il ruolo che attualmente ricopro, comporta delicatissime responsabilità, per questo mi è chiaro che bisogna impedire stravolgimenti dei percorsi amministrativi avviati, ma è indispensabile altresì che questi percorsi, che sono tutti frutto del confronto tra Comune e Protezione Civile, debbano essere seguiti con il massimo della forza, della responsabilità e della fiducia.
Un mio automatico proseguire solo in considerazione dell’emergenza può sfilacciare un rapporto di fiducia verso l’istituzione municipale che è indispensabile salvaguardare.
In una fase di strutture istituzionali, politiche e sociali particolarmente deboli, cui si aggiungono le difficoltà organizzative e gestionali della macchina comunale, la fiducia verso il Sindaco diviene tassello cruciale di una tenuta civica di una comunità e per questo, l’oggetto vero di queste dimissioni è la salvaguardia della Tua figura, in un momento così delicato per la città e per la comunità aquilana, lasciando dunque a te, e al confronto con le forze politiche, la completa libertà di una piena determinazione.
Nel ringraziarti, saluto Te, la Giunta ed il Consiglio Comunale augurando a Voi tutti, per il bene collettivo, il miglior lavoro possibile.


L’Aquila 23 Ottobre 2009
Luca D’Innocenzo

domenica 18 ottobre 2009

Un fotogramma o una storia.

E' un dolore lancinante.
E' una vita intera che mi attraversa, quella passata e quella, incredibilmente imprevedebile, futura. Un san Luca che, in ogni caso, accompagna la chiusura per sempre di una vita, senza sapere quella che si aprirà, se mai ce ne sarà ancora una da aprire.
Avrei da scrivere moltissimo, da raccontare al mondo che si affaccia all'improvviso su di noi, cosa siamo stati prima, cosa siamo stati durante, cosa siamo stati dopo.
Vorrei raccontare la valanga di ipocrisia di chi si gira dall'altra parte e di chi guarda con sprezzante e disprezzante distacco.
Il 6 Aprile la nostra amata terra non ha retto più e un "blocco di crosta terrestre a Sud Ovest del piano ha scorso verso il basso di circa 90 centimetri e ha causato in superficie l’abbassamento del suolo". Otto km di rottura in superficie, 25 km di rottura in profondità. Motodi scorrimento veloce, piano di scorrimento lunghissimo, accelerazione impressionante, piano di faglia in profondità sotto la città, in superficie tra San Gregorio e Paganica. Un boato e poi mille boati. Una scossa e poi migliaia di scosse. Un urlo e poi migliaia di urla, il sangue, le lacrime, le macerie, le pietre, i ragazzi, gli elenchi, le ricerche, le attese, le vite individuali e le vite collettive, gli spot, i salvatori della patria e i contro, gli speculatori ed i loro speculari speculatori, il gas, l'acqua, le tende, le notti, gli avvoltoi di stato, i locali avvoltoi di professione, gli avvoltoi per indelebile malata perversione.
Crepe profonde. Collassi imprevisti. Sconquassi improvvisi.
Cave, caverne, caveau, Tian, gli Orti, Piccinato, il 75, i Peep, lo Stockel.
Dove i pannelli solari diventano scoop, mentre protezione civile regionale e genio civile provinciale scompaiono sotto traccia, tra ruoli commissariali e mazzi di fiori.
Una città classificata negli edifici e per qualcuno anche nei morti, a,b,c,d,e,f, con strutture provvisorie in sigle, c.a.s.e., m.a.p., m.a.r., m.u.s.p. e 4000 persone ancora nelle tende.
Una città dove i sindacati scompaiono quando non si trasformano in pro-loco di quartiere e che dimenticano i silenzi, il "ci sono altre priorità", l'indiffirenza di fronte a lustri di lotte.
Una città dove quasi tutti continuano a rivolgersi, anche per il ripartire, alle responsabilità altrui, non interrogando mai le proprie, che forse ignorano di avere, non avendo compreso i ruoli di tutti i nodi nel costruire una polis.
Una città dove orgogliosi, tenaci e coraggiosi cittadini vengono oscurati da furbi, furbastri e furbetti.
Una città con quasi tutti con gli indici dispiegati, troppo pochi con le maniche rialzate e sempre gli stessi con gli affari in cartellina.
Una città che ha un cuore straziato e puntellato, ed un cervello con spazi sinaptici "sbracati" in un territorio sempre più allungato.
Ed un mondo che si affaccia sull'Aquila attraverso estemporanee finestre, alla ricerca di un fotogramma che gli racconti una qualsiasi verità, senza sapere quella che invece è una storia, una lunga e straziante storia collettiva.
C'è la neve sul Gran Sasso, la nostra gelida acqua è come sempre abbondante, lo zafferano aspetta impaziente un raggio di sole caldo per farsi vedere, in questo assurdo duemilanove, in questo san Luca, ennesimo giorno d'emergenza, in attesa di un diverso domani.

sabato 25 luglio 2009

Lettera a Bertolaso - proposta di modifiche di ordinanze.

Al Capo del Dipartimento della Protezione Civile della Presidena del Consiglio dei Ministri e Commissario delegato per l'emergenza.
dott. Guido Bertolaso


Oggetto: richiesta integrazioni in ordinanza


Illustrissimo dott. Bertolaso,
al fine di favorire il rientro nella città dell'Aquila delle migliaia di sfollati e di evitare fenomeni di dispendio di risorse pubbliche, si richiedono le seguenti modifiche agli interventi messi in atto, attraverso specifiche norme in ordinanza. In particolare:

a)specifica dei Comuni esterni alla Regione Abruzzo, ove è possibile alloggiare con affitto a carico della Protezione Civile. In particolare si chiede che siano si considerati territori esterni alla Regione, ma che gli stessi siano compatibili con la pendolarità verso la città dell'Aquila e si eviti l'incentivo di affitti in luoghi particolarmente lontani o con mercati immobiliari assolutamente superiori ai prezzi fissati dalla protezione civile.
Cosi come oggi inteso (regioni limitrofe), lo strumento rischia di essere “normalmente” utilizzato per pagarsi un fitto finalizzato ad una stabile dimora per attività (studio o lavoro) presso città differenti da quella dell'Aquila.
In particolare si ritiene che, fuori dalla Regione Abruzzo, siano da considerare luoghi utili per fitti a carico della protezione civile esclusivamente i Comuni siti nella Provincia di Rieti e i seguenti nelle Provincie di Ascoli Piceno e Roma: Acquasanta Terme, Acquaviva Picena, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno, Folignano, Monteprandone, S.Benedetto del Tronto, Spinatoli, (AP); Agosta, Arsoli, Camerata Nuova, Cervara di Roma, Mandela, Marano Equo, Riofreddo, Subiaco, Vicovaro (Rm).

b)specifica circa la possibilità che l'affitto a carico della protezione civile sarà estendibile oltre i 6 mesi per le case classificate B e C.
Questa specifica si ritiene utile anche in considerazione del fatto che non è prevista la possibilità di assegnazione degli alloggi durevoli ai cittadini aventi abitazione classificata B o C e che sono estremamente diffusi i casi di classificazioni con B e C che risultano avere tempi per i lavori che rendono impossibile un rapido recupero delle agibilità.
Si ritiene inoltre, anche per incentivare l'uso dello strumento degli affitti, che sia da estendere oltre i 18 mesi la durata per i nuclei aventi abitazione classificata E.

c)aumento della cifra corrispondente al Contributo di Autonoma Sistemazione. Questo intervento, oltre a favorire la scelta di autonoma sistemazione, decisamente più economica dell'uso di strutture alberghiere e residenziali, incentiverebbe anche lo strumento dell'ospitalità attraverso la coabitazione con nuclei familiari aventi abitazioni agibili.


L'Aquila, 23 Luglio 2009 L'Assessore alle Politiche sociali
con delega alle politiche abitative.
(Luca D'Innocenzo)

sabato 11 luglio 2009

Le Macerie dell'Aquila, le macerie del G8.

Questo G8 era un G8 prevedibilmente inutile.
Inutile nella sua funzione internazionale.
Un G8 in cui la quantità di emissioni diventano dei gradi centigradi, fuggendo dall'impegno reale.
Un G8 in cui gli impegni diventano dichiarazioni.
Un G8 che ricicla le promesse sull'Africa senza dire una parola sulle precedenti mai rispettate.
Un G8 senza senso, con la stragrande maggioranza della popolazione rappresentata nei codazzi e non nel vertice.
Un G8 che aveva già fallito, aveva fallito a Genova e da li sempre.
Un luogo ridotto ad un momento per conoscersi.
Dove il gesto politicamente più significativo rispetto al modello economico è la doggy bag di Michelle.
Dove la sfida culturale più interessante è stata quella a distanza tra Michelle Obama e Carla Bruni.
Un G8 che se avrà un senso lo avrà solo per il luogo, per le immagini che L'Aquila bellissima, distrutta e struggente ha lasciato al mondo, dove lo sfondo, il tragico e straziate sfondo, ha reso grandi le foto degli 8, degli altri, delle mogli, dei figuranti.
Un G8 dove era più atteso un attore che il segretario generale dell'Onu.
Se non fosse stato per l'immensità di Obama che sembra riprendere le file del futuro del mondo (non solo a L'Aquila, ma prima a Mosca e poi in Africa), di questo G8 ricorderemmo solo il maestoso sfondo montano del vertice e la "scenografia" della mia amata e rovinosa città.
Un G8 inutile per il mondo, ovunque si fosse svolto.
Un G8 che forse lascerà qualche traccia di utilità all'Aquila, città che ha dovuto perire la distruzione per essere conosciuta, riconosciuta, apprezzata.
Il G8 si chiude così, fa calare il sipario sul suo fallimento decennale salvando la sua faccia e coprendo le sue macerie con le Macerie dell'Aquila.
Non era necessario contestarlo, era un vertice inutile per il mondo, aveva già perso.
Era utile che rimanessero nella memoria due cose distinte, le Macerie dell'Aquila e l'immensità, le immagini, i racconti, le foto, le vergogne, le parole e le paure dei giorni di Genova.
Le Macerie dell'Aquila e le giornate di Genova, due silenzi assordanti, al confronto dei quali le tracce di Michelle e di Carlà sono già vaporizzate.

domenica 5 luglio 2009

G8: consigli in caso di terremoto.

Abbiamo letto della presenza di due piani B in caso di terremoto.
Un B per fare il vertice altrove, un B per la fuga in caso di forte scossa durante il vertice a L'Aquila.
Abbiamo visto il dispiegamento delle forze dell'ordine, la massiccia presenza di forze militari, le batterie per la difesa aerea, abbiamo letto o visto i cecchini e letto dei servizi segreti e viceversa.
Siamo preoccupati. Siamo preoccupati per la reazione in caso di forte scossa, noi ormai abbiamo ahinoi acquisito un sapere autonomo sul campo in caso di scosse. Voi no.
Per questo forse è utile qualche consiglio qualora si verificassero le ipotesi generanti il piano B.

1. Se la terra trema non è utile sparare contro la terra.
E' vero che l' "attacco" viene dal sottosuolo, ma se sparate missili o bombe contro la terra, l'effetto si moltiplica, non si attenua.

2. Se un tramezzo cade, non usate il mitra contro il tramezzo.
E' vero che il pericolo viene dal tramezzo, ma se sparate contro di lui, questo accelererà la caduta.

3. Se il "Guerriero di Capestrano" si muove, non saltategli addosso buttandolo a terra per disarmarlo.
E' vero che appare pericolosamente armato, ma è inerme, e se invece di afferrarlo o buttarvi a terra voi per salvarlo attutendogli la caduta, gli saltereto addosso buttando lui per disarmarlo, finirete per distruggere uno dei simboli dell'Abruzzo, proveniente dalla nostra città di Aufinium e rappresentante uno dei nostri popoli avi.

4. Se scappate via cielo, avvertite prima la contraerea che siete voi!

5. Se scappate via terra, non intralciate le strade, servono per i soccorsi. Aspettate invece ore ed ore, prima o poi arriverà la protezione civile a montarvi una tendopoli per accogliervi.

6. Se vedete scene di panico, non sparate a caso contro tutto e tutti.
Se cecchini, servizi segreti, aerei, missili, elicotteri, carri armati, forze speciali continuano a sparare contro l'effetto panico, spareranno tutti contro tutti e finirete voi per ammazzare tutti.

7. A proposito, Presidente Obama, lei, individui prima una struttura portante, in caso di evento molto forte, si metta al riparo li. Finita la scossa controlli le scale, se sono ok scenda, altrimenti si metta al riparo e attenda i nostri straordinari Vigili del Fuoco. Se per caso invece scatta il panico dalla 1 alla 6, si nasconda e sfugga alla macchina infernale, enormemente più pericolosa del terremoto. A Lei teniamo molto, se vuole abbiamo qualche posto nei nostri camper.

venerdì 26 giugno 2009

Viabilità durante il G8

Il Prefetto della Provincia dell’Aquila

Viste le note Cat. A.4/Gab/G8/33/2009 del 30/05/2009 e Cat. A.4/Gab./G8/048/2009 del 17/06/2009 della Questura dell’Aquila con le quali sono state proposte misure interdittive alla circolazione stradale da attuarsi in occasione del Vertice Internazionale G8 previsto in L’Aquila dall’8 al 10 luglio p.v.;
Ritenuto che per motivi di sicurezza pubblica e per motivi inerenti alla sicurezza della circolazione si rende necessario sospendere temporaneamente la circolazione sulle strade di seguito indicate;
Visto l’articolo 6 del Codice della Strada;
O R D I N A
per motivi di ordine e sicurezza pubblica, dalle ore 7,00 del 5 luglio 2009 alle ore 12.00 dell’11 luglio 2009, le sotto indicate sospensioni temporanee della circolazione:
A. interdizione della circolazione veicolare, compresi i mezzi pesanti (7,5 t.), nonché della circolazione pedonale lungo:

1. Viale delle Fiamme Gialle, intero tratto;
2. Nuovo raccordo di collegamento tra l’Aeroporto di Preturo e Viale delle Fiamme Gialle;
3. Tutte le strade interpoderali adducenti al perimetro dell’Aeroporto di Preturo;
4. Via del Colatoio Seconda e relativi accessi sterrati adducenti a Viale delle Fiamme Gialle;
5. Via del Poppleto (tratto adducente al centro abitato di Coppito e tratto opposto in direzione S.S. 80);
6. Via Cerritola, intero tratto;
7. Via Cagnano, intero tratto;
8. Via Borgorose, intero tratto, fino all’intersezione con la S. R. 80 DIR Via Amiternina di Preturo;
9. Via San Vittorino, intero tratto;
10. Strade interpoderali che da Viale delle Fiamme Gialle adducono ad alcune abitazioni private;
11. Via del Campo, intero tratto;
12. Via Fontecchio, intero tratto;
13. Via Capitignano.

Sarà consentita la circolazione pedonale (ma non veicolare) esclusivamente a coloro che a vario titolo saranno muniti di apposito “badge” rilasciato dalla Struttura di Missione G8 nonchè ai residenti preventivamente censiti, muniti anch’essi dell’ apposito “badge” rilasciato dalla Struttura di Missione G8.
Detta circolazione avverrà lungo appositi corridoi di transito con accesso all’altezza della nuova rotonda posta all’intersezione della S.S.80 con Via Borsellino e Via Fermi.
Sarà altresì consentito, ai soli residenti muniti dell’anzidetto “badge” ed al personale dell’organizzazione, l’accesso a mezzo di apposito servizio di navette, ad orari prestabiliti e sotto il controllo delle Forze di Polizia, con partenza dall’ingresso di Viale delle Fiamme Gialle.
Sarà altresì consentito l’accesso veicolare a coloro che devono assicurare servizi inderogabili di pubblica utilità (preventivamente censiti a cura delle Forze di Polizia e muniti di Passi Identificativo rilasciato dal Gruppo Operativo Interforze G8), al personale e mezzi delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e di Soccorso Pubblico, ai mezzi del Dipartimento della Protezione Civile, la cui targa rechi la sigla DPC, nonché ai mezzi addetti al trasferimento delle delegazioni.
***
B. interdizione della circolazione veicolare, compresi i mezzi pesanti (7,5 t.), nonché della circolazione pedonale lungo:

1. S.S. 80, tratto compreso tra l’intersezione con la S.R. 80 DIR e l’intersezione con le Via E. Fermi e Borsellino (Centro Commerciale “Amiternum”);
2. S.P. 33 - Via Dell’Aringo – Via Preturo, tratto delimitato ad Ovest dall’incrocio con la S.R. 80 DIR e ad Est con l’inizio dell’abitato di Coppito all’altezza di Via Montagnino;
3. Via Borsellino, fino alla confluenza con la Via Vetoio.
4.
Sarà consentito il transito di navette della Società A.M.A. all’uopo predisposte.
Sarà consentito l’accesso pedonale (ma non veicolare), esclusivamente nei tratti immediatamente prospicienti le suddette vie, ai residenti, ai domiciliati, ai dimoranti di fatto ed agli esercenti attività lavorative preventivamente censiti a cura delle Forze di Polizia e muniti di Passi Identificativo rilasciato dal Gruppo Operativo Interforze G8 nonché a coloro che devono assolvere a compiti di assistenza purché anch’essi preventivamente censiti a cura delle Forze di Polizia e muniti dell’anzidetto Passi Identificativo.
Sarà altresì consentito l’accesso veicolare e pedonale a coloro che devono assicurare servizi inderogabili di pubblica utilità (preventivamente censiti a cura delle Forze di Polizia e muniti di Passi Identificativo rilasciato dal Gruppo Operativo Interforze G8) ed a coloro che, a qualunque titolo, saranno muniti del “badge” della Struttura di Missione G8 per l’accesso all’area dei lavori ed al personale e mezzi delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e di Soccorso Pubblico, ai mezzi del Dipartimento della Protezione Civile, la cui targa rechi la sigla DPC, nonché ai mezzi addetti al trasferimento delle delegazioni.
C. interdizione della circolazione veicolare, compresi i mezzi pesanti (7,5 t.), lungo:

1. S.S. 80, tratto compreso tra l’intersezione con le Vie Enrico Fermi e Borsellino e la confluenza con l’uscita autostradale L’Aquila Ovest.
Sarà consentito il transito di navette della Società A.M.A. all’uopo predisposte.
Sarà, altresì, consentito l’accesso veicolare a coloro che devono assicurare servizi inderogabili di pubblica utilità, preventivamente censiti a cura delle Forze di Polizia e muniti di Passi Identificativo rilasciato dal Gruppo Operativo Interforze G8, a coloro che, a qualunque titolo, saranno muniti di apposito “badge” rilasciato dalla Struttura di Missione G8 per l’accesso all’area dei lavori ed al personale e mezzi delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e di Soccorso Pubblico, ai mezzi del Dipartimento della Protezione Civile, la cui targa rechi la sigla DPC, nonché ai mezzi addetti al trasferimento delle delegazioni.
D. interdizione della circolazione veicolare e pedonale, in concomitanza con l’arrivo e le partenze delle delegazioni, lungo:

1. SR 80 Dir – Via Amiternina, nel tratto compreso a nord della confluenza con la S.S. 80 e a sud di quella con la S.P. 33 – Via del Laringo – Via Preturo;

E. interdizione della circolazione di mezzi pesanti (7,5 t.) lungo:
1. Via Antica Arischia;
2. Via Enrico Fermi;
3. Via Giovanni Falcone;
4. Strada Provinciale di Preturo;
5. Via Borsellino, fino all’incrocio con la S.S. 80;
Sarà consentito l’accesso veicolare esclusivamente ai mezzi pesanti dell’Organizzazione del Vertice G8 muniti di “badge” ed ai mezzi pesanti delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e di Soccorso Pubblico.
F. interdizione della circolazione delle greggi di animali lungo:
1. S.P. 33 – Via Del Laringo – Via Preturo, nel tratto compreso tra la S.R. 80 DIR ed il limite dell’abitato di Coppito - altezza Via Montagnino;
2. Viale delle Fiamme Gialle e strade ad essa adducenti.

G. circolazione delle betoniere addette al trasporto di materiali cementizi per il Progetto C.A.S.E..
Sarà, inoltre, consentito il traffico veicolare dei mezzi, anche pesanti, adibiti al trasporto di materiali cementizi per le realizzazioni del Progetto C.A.S.E. lungo il seguente itinerario:
Via Borsellino – Via Falcone in entrambi i sensi di marcia.

Tale facoltà è consentita a condizione che i predetti veicoli e i relativi conducenti siano muniti di Passi Identificativo rilasciato dal Gruppo Operativo Interforze G8.
Le Forze di polizia sono incaricate di effettuare mirati servizi di controllo sui trasporti effettuati da tali veicoli.
***
Nell’intero arco delle 24 ore del periodo in questione (dalle ore 7,00 del 5 luglio 2009 alle ore 12.00 dell’11 luglio 2009), sarà predisposto, lungo le vie di seguito indicate, un servizio di navette scortate da equipaggi delle Forze di Polizia, per il trasporto dei residenti e degli esercenti interessati a raggiungere le località sottoposte alle interdizioni veicolari:
1. S.S. 80, intero tratto;
2. S.P. 33 – Via dell’Aringo – Via Preturo;
3. Viale delle Fiamme Gialle e strade adducenti.
Il Questore dell’Aquila è incaricato di sovrintendere all’esecuzione del presente provvedimento avvalendosi, per l’attuazione dei necessari interventi e servizi, del Corpo della Polizia Municipale dell’Aquila, nonché dei Corpi e Servizi di polizia locale di altri Enti locali che prestano la loro attività nella Provincia ai sensi delle vigenti disposizioni.
L’Aquila, 23 giugno 2009
Il Prefetto
(Gabrielli )

sabato 23 maggio 2009

Sorpresa.

Dopo 1 mese e mezzo tutti sono sorpresi di scoprire che, pur avendo un filo diretto con il sottoscritto, gli studenti della casa non comunicarono nè a me, nè ai rappresentanti, nè al cda alcuna delle loro preoccupazioni.
E' così. Questo che è raccontato come un'allarme megagalattico fu in realtà circoscritto al rapporto tra gli studenti e gli uffici.
Nessuno, nè gli uffici, nè gli studenti, comunicarono al cda alcunchè.
Forse non c'è stato il tempo, forse era un allarme "rientrato", forse è mancato un filo così. Ma questo è.
Altra sorpresa, evidentemente per chi ha cancellato la memoria degli anni: gli studenti erano ampiamente soddisfatti della struttura ed infatti chiedevano tutti la conferma. Naturalmente non c'entra nulla con le denunce nè con loro, è solo un ristabilire un patrimonio che è sempre stato comune. La Casa non era affatto un lager così come la si è voluta raccontare in questo mese e mezzo.
Altro, che attiene alle eventuali responsabilità, non c'entra nulla con questa storia.
A proposito, non solo io sento nell'aria un tentativo di "depistaggio"..., ma il tempo piano piano fa sgonfiare i palloni e lascia in prospettiva la ricerca delle cose reali...

martedì 19 maggio 2009

L'Adsu e gli studenti universitari vittime della stessa indifferenza

Al Presidente della Regione Abruzzo dott. Gianni Chiodi
All'Assessore Regionale al Dir.studio dott. Paolo Gatti
Ai componenti il Cda dell'Adsu
e p.c.Al Rettore dell'Università dell'Aquila
Prof.Ferdinando di Orio
Al Direttore dell'Adsu dell'Aquila
dott. Luca Valente

Oggetto: Dimissioni da Presidente dell'Adsu dell'Aquila

Gentile Presidente, Gentile Assessore,
il 28 Gennaio del corrente anno, con lettera pubblica, chiedevo alla Regione di provvedere nel minor tempo possibile alla correzione della cifra in bilancio destinata alle Adsu e consigliavo a Voi stessi di nominare al più presto i nuovi componenti del Cda, quelli di competenza Regionale, e il nuovo Presidente, per mantenere per il minor tempo possibile il regime di “proroga” derivante dalla legge regionale sull'allineamento degli organi politici degli Enti (cd spoils system). Nel mese di Marzo la Regione ha scelto di prolungare i tempi della “proroga” e di prendere ulteriore tempo.
Ho riflettuto già allora sull'eventualità delle dimissioni per sbloccare la situazione e dare maggiore forza alla richiesta di maggiori finanziamenti.
Ne parlai sia con gli studenti, sia con la struttura amministrativa dell'Adsu.
Il rischio di un commissariamento dell'Ente con la perdita in particolare della rappresentanza studentesca, che da sempre ho ritenuto ineliminabile, e la necessità di approvare il Conto consuntivo mi hanno dissuaso e mi hanno spinto a dare stabilità amministrativa all'ente.
E' arrivata poi la terribile notte del 6 Aprile e la costante indifferenza della Regione Abruzzo nei confronti del Diritto agli Studi Universitari è diventata addirittura “negazione”.
Il ridicolo balletto della Regione sulla proprietà dello stabile ha aggiunto imbarazzo ad una tragedia che investiva studenti, operatori e l'Adsu nel suo complesso. Persino i Vigili del Fuoco, nel dover comunicare la necessità di una parziale demolizione dello stabile che ospitava l'Adsu e la storica Residenza, non hanno potuto trovare “il proprietario”, non hanno trovato altri oltre il sottoscritto con cui comunicare.

E' ora passato un mese e mezzo da quella notte:
1. abbiamo potuto leggere dai giornali che uno studio che giudicava con “criticità strutturali” lo stabile della Regione (non di uno sconosciuto), giaceva nei cassetti della Regione stessa, senza che l'Adsu, i suoi lavoratori, i suoi organi politici, gli studenti residenti e le centinaia di studenti che frequentavano la mensa, le sale e gli uffici allocati in Via XX Settembre ne avessero mai avuto comunicazione;
2. il Bilancio della Regione è stato approvato con quella vergognosa miseria iscritta al capitolo per le Adsu abruzzesi;
3. sono risultati vani tutti i tentativi, diretti e indiretti, per arrivare ad un incontro tra la Regione e l'Adsu al fine di affrontare la fase di emergenza, sia per la ripresa dell'attività amministrativa, sia per arrivare alle indispensabili modifiche (o deroghe) al Piano Regionale di indirizzo, che così come è non permette di affrontare alcuna delle emergenze che travolgono gli studenti, né per le borse di studio, né per i servizi.

Le dimissioni a pochi giorni dal terremoto potevano apparire esattamente nel solco del patetico balletto che la Regione stava inscenando.
Ho scelto di attendere, ho continuato anche in un momento difficilissimo come questo a cercare di essere ponte tra gli studenti e la struttura amministrativa dell'Adsu, in un contesto di scelte difficili per l'Università, ed ho continuato a chiedere ed attendere segni dalla Regione, che ad oggi, dal giorno del suo insediamento al governo della Regione Abruzzo, non un solo giorno si è interessata del diritto agli studi universitari.
La verità, purtroppo, è che in questa fase di grandissima difficoltà, è solo arrivata all'ennesima potenza il vero segno che la Regione Abruzzo ha dato negli anni verso il Diritto agli Studi Universitari: l'indifferenza.
Indifferenza il 6 Aprile, indifferenza prima, indifferenza dopo.
L'Adsu e gli studenti universitari sono stati e sono vittime della stessa diffusa indifferenza.

Gli studenti universitari dell'Aquila, quelli residenti negli alloggi come quelli non residenti, hanno lottato per anni per ottenere dalla Regione risorse paragonabili a quelle di altre Regioni italiane.
L'Adsu dell'Aquila negli anni ha fatto moltissimo per offrire borse di studio e servizi in un contesto di generale e diffusa indifferenza.
Lo rivendico per il Cda che ho avuto l'onore e l'onere di guidare e lo rivendico ringraziando l'abnegazione dei pur pochi dipendenti di un Ente che negli anni, non solo gli ultimi che ho vissuto da vicino, si è distinto nel panorama abruzzese e nazionale.
Il 6 Aprile si è chiuso un lento e difficile percorso nel peggiore dei modi, con la tragedia che ha visto morire 7 studenti ed un operatore, 8 ragazzi cui va continuamente il mio pensiero e alle cui famiglie va il mio doloroso cordoglio.
Non tocca alla politica, ma all'autorità competente, individuare cause ed eventuali responsabilità giudiziarie, per cui non mi soffermerò su questo.

Alla politica tocca però continuare ad assolvere alle proprie inderogabili responsabilità. Gli studenti dell'Università dell'Aquila hanno bisogno di scelte immediate e di scelte strategiche.
I servizi gratuiti per gli idonei alle borse di studio, ma non usufruibili, vanno rimborsati, le borse di studio vanno pagate al più presto, la verifica dei crediti ex-post deve essere sospesa e l'idoneità alle borse va confermata, i servizi devono essere via via riattivati.
Gli studenti hanno bisogno di risposte vere: norme, strutture e risorse.
Poi c'è la città dell'Aquila, che ha ora bisogno di una legge regionale che la trasformi in Centro Residenziale per gli Studi Universitari e Superiori.
Lo si può fare da subito, grazie all'accordo sulla Reiss Romoli, con una gestione parziale e condivisa di parti della Caserma della Guardia di Finanza, con una progressiva trasformazione della Caserma Pasquali-Campomizzi a vero Centro Residenziale Universitario.
Continuerò a lottare per questo obiettivo, al servizio e per il progetto di L'Aquila Città Universitaria, ma non fungerò un minuto di più da copertura dei ritardi e dei silenzi di una Regione ad oggi inadempiente, che sta di fatto, mi auguro non consapevolmente, agevolando la frammentazione dell'Università dell'Aquila; né fungerò un minuto di più da parafulmine per chi pensa autonomamente di improvvisare dal nulla tante piccole cittadine universitarie.
Nella speranza che queste dimissioni siano utili a sbloccare la situazione di stallo e che la Regione da oggi possa dare priorità alle politiche per il Diritto agli Studi Universitari.

Con Cordialità,
L'Aquila 19 Maggio 2009
Luca D'Innocenzo

martedì 5 maggio 2009

La lunga storia degli studi all'Aquila ha radici nel XV secolo. Ma il nucleo di quello che poi divenne l'Università dell'Aquila è nel dopoguerra ed è dovuto a volontà endogene. Fu la municipalità e la città ad investire e costruire la Libera Università dell'Aquila, che solo 30 anni fa ha avuto i percorsi della statizzazione.
L'Università dell'Aquila nasce per esigenze, volontà, ambizioni, opportunità della Città dell'Aquila e dei suoi cittadini.
Noi aquilani siamo così, non cancelliamo mai le nostre radici, nè permettiamo di farlo a 30 terribili secondi.
Le comprensibili richieste, legate a percorsi e progetti individuali, non possono non fare i conti con questo.
Vale per la ricostruzione della nostra città, vale per chi pensa di spostare il capoluogo di regione, vale per l'Università dell'Aquila, che, non servirebbe dirlo, non può che essere Università dell'Aquila.
Non sfugge, non può certo sfuggire a me, che negli ultimi 3 lustri, via via, l'Università dell'Aquila è stata l'àncora della città senza che la città la sentisse propriamente sua.
Non può sfuggire a me, come non sfugge ai pochi, non molti, che hanno in questi 3 lustri costruito un percorso, che L'Aquila in crisi, di fronte all'Università in espansione, è stata una città matrigna.
Noi però, piano piano abbiamo costruito un percorso di cittadinanza degli studenti, testardamente, prima in pochi, il 5 Aprile in tanti; all'inizio parlando al vento, il 5 Aprile avendo via via ideato, costruito, progettato, percorsi e spazi di cittadinanza studentesca.
L'Aquila è stata una città matrigna per molti aspetti, ma allo stesso tempo L'Aquila, non altre, è stata una città dove piano piano abbiamo costruito comunque, una città universitaria.
All'Aquila abbiamo avuto, come altrove credetemi, i padroni di casa ignavi, sordi, ciechi, persino nella tragedia spariti. Ma sempre all'Aquila abbiamo avuto proprietari di casa accorsi a scavare. E abbiamo avuto aquilani il cui pensiero è stato, prima, durante lo sciame, durante, nelle ore dei soccorsi e dopo agli studenti. Sono aquilani i sordi, ma siamo aquilani anche noi.
All'Aquila abbiamo avuto, non altrove, percorsi di miglioramento della condizione degli studenti, nonostante una ampia sordità.
In fondo solo all'Aquila abbiamo costruito percorsi di lotta, di rivendicazione e di costruzione della città universitaria, contro molti, non certo in altri luoghi d'Abruzzo. All'Aquila c'è stata la lotta, la protesta, la piattaforma, i sit-in, i cortei e i blitz, ma sono stati all'Aquila perchè solo L'Aquila è stata Universitaria, nel resto d'Abruzzo è stato il silenzio, il vuoto, il nulla.
L'Aquila è stata si matrigna, ma è l'Abruzzo ad essere stato figlicidio.
Chi oggi lo dimentica non fa solo un errore, commette un altro delitto.
Non altrove, solo all'Aquila, si è combattuto per gli alloggi, per i trasporti, per le mense, per le borse, per gli spazi studio, per gli spazi svago, per gli sconti etc...etc...
L'Aquila è stata matrigna, ma è stata universitaria e per questo il conflitto l'ha avuto dentro, l'ha cambiata, l'ha piano piano migliorata.
L'Abruzzo non è stato.
E' un mese che piangiamo i nostri morti.
Non so quanti altri possano sentire come nostri tutti i morti aquilani e tutti gli studenti morti.
Noi, io e non solo io, sentiamo tutte le vittime come nostre.
Io li piango tutti, perchè sono tutti stati i miei concittadini.
Perchè la mia città è stata L'Aquila e la mia città è stata l'Università dell'Aquila. Perchè la mia città è L'Aquila e la sua Università. E' l'Università dell'Aquila e la sua città.
Chi pensa che altrove sarà possibile trovare l'Università dell'Aquila si illude.
La felicità e la tragedia oggi non sono separabili.
E non sono separabili la città dell'Aquila e l'Università dell'Aquila.
Sono solo separabili le storie individuali dalle storie collettive.

martedì 28 aprile 2009

Sisma-pacs

Nel dare i contributi agli sfollati che hanno provveduto autonomamente ad una sistemazione a seguito del sisma del 6 Aprile, il governo scopre finalmente le virtù della convivenza.
I nuclei familiari infatti vengono rimborsati fino a 400 euro a mese, i singoli fino a 200 euro a mese.
Le convivenze però vengono equiparate ai nuclei familiari. In questo modo 2 conviventi riceveranno 200 euro complessivamente, comee coppia, e non 200 cadauno.
L'emergenza rende visibile il naturale, una convivenza non è dissimile da un nucleo familiare.

sabato 18 aprile 2009

L'Aquila, storia e futuro.

L'Aquila fu colpita duramente nel 1300, nel 1400, poi duramente nel 1703. Ancora duramente oggi, nel 2009. Con in mezzo varie altri eventi sismici duri.
L'Aquila sempre qui è rinata. Gli aquilani sono tenaci, ostici, spesso burberi. Ma L'Aquila è nata a tavolino, non con un processo di sviluppo casuale, è nata per scelta qui. I suoi castelli fondatori volevano intrecciare commercio e difesa con un centro maggiore, scelsero il colle e li costruirono, le mura, la fontana delle 99 cannelle e dentro la città, le sue piazze, le sue chiese, ognuna come rappresentazione in città di una comunità fondatrice. Centro storico grande, piazze, chiese, fontane, ogni palazzo un monumento, con il suo portone, il cortile, il suo portico.
L'Aquila da qui non si sposta. Poi è arrivato l'Abruzzo e la guerriglia sul capoluogo.
Il capoluogo della Regione Abruzzo da qui non si sposta.
C'è l'industrializzazione e dal circondario, dai castelli fondatori, arrivano i contadini-operai, come nel 200 i signori del contado e i commercianti dello zafferano. Le cooperative edilizie nascono tra gli operai. Il comune, la Dc, il Psi, il PSDI fanno costruire su Pettino, aree PEEP, quartiere di contadini-operai, metà aquilani, metà dei propri paesi d'origine. metà operai, metà contadini. L'Aquila e il suo territorio.
Poi è arrivata l'esplosione dell'Università e la sua crescita a compensare la crisi industriale.
L'Aquila città universitaria, lo diventa nei numeri. E' progetto e un sogno per alcuni, non molti, un affare per altri.
Cosa può essere L'Aquila ora.
L'Aquila città-territorio.
Degli oltre 100 centri che costellano L'Aquila, tra le sue frazioni e i comuni (con frazioni annesse) limitrofi, ci sono ancora centinaia di piazze, centinaia di chiese, migliaia e migliaia di case. La terra d'origine, i castelli fondatori. Molti aquilani non entreranno nelle promesse del governo, entreranno nelle proprie case al paese d'origine, sulle proprie terre, che hanno sempre continuato a curare ed amare. I contadini poi divenuti operai, poi divenuti cassaintegrati fino ad essere pensionati torneranno li, pensionati-contadini, e molti figli da li si muoveranno intorno alla città territorio.
L'Aquila capoluogo di Regione.
Gli sciacalli e gli avvoltoi svolazzano, ma L'Aquila manterrà il suo insediamento pubblico, regione, provincia, tribunale, corte d'appello, baas, inps, etc...etc...
L'Aquila città universitaria, città ipertecnologica.
Può tornare città universitaria partendo da qui, città ipertecnoligica. Infrastrutture per l'informazione immediatamente realizzabili, ingegneria, scienze, biotech, medicina. Prima città italiana completamente informatizzata.
L'Aquila città universitaria, mobilità e residenzialità.
Mobilità gratuita da e verso l'aquila. Linee no-stop giulianova-teramo-l'aquila l'aquila-roma l'aquila-az l'aquila-chieti-pescara. Potenziamento immediato tratta ferroviaria rieti-l'aquila-sulmona. collegamento veloce, diretto, continuo vasto-lanciano-l'aquila
Collegamento veloce, diretto, continuo cassino-sora-l'aquila.
L'Aquila città storica e umanistica, delle arti (e del turismo)
La sfida piu difficile. Ma, come nel 400, come nel 700, faremo anche questo. impiegheremo 20 anni per finire, ma faremo anche questo. Ricostruire il centro storico, sul doppio colle. Così come era. Con le sue piazze, le sue chiese, le sue fontane, i suoi palazzi, i suoi vicoli. Città vincolata. E intorno a questo ricostruire la città della musica, del teatro, della storia, delle lettere e delle arti.
L'Aquila città dell'ambiente, dei monti, dell'acqua, dei parchi, dei borghi (e del turismo)
I nostri monti sono cresciuti un pò, le nostre colline si sono diversamente avvallate, ma la nostra neve è li, le aquile volano sopra di noi, l'orso continua a cacciare miele e mele, i lupi si sentono se ci si sposta in montagna, il cielo stellato si può ancora vedere come in nessun altro posto d'italia, le nostre gelide acque sono più rigorose che mai e in pochi al mondo ne hanno così in abbondanza, non a caso è possibile trovare la lontra, la nostra flora è stata colpita dagli incendi passati, ma è ancora tra le più estese d'europa, la genziana è più in alto, tra le rocce, e crescerà di nuovo, lo zafferano non teme il sisma, solo cinghiali affamati e acque avvelenate, ma è ancora li e crescerà di nuovo e di più, per le ricette di ratatouille, dei milanesi e dei fantasiosi aquilani. Le greggi hanno avuto paura, ma rassicurate dai nostri splendidi pastori abruzzesi-maremmani non sono fuggite. Formaggi straordinari e arrosticini come sempre saranno l'invidia di tutti voi. I nostri parchi saranno ancora i più belli d'europa, i nostri borghi feriti saranno ripopolati e rimessi a nuovo, uno ad uno.
L'Aquila è qui, è la sua storia, la sua tragedia e la sua forza. La sua identità, ha pagato un prezzo ad una scossa di accelerazione superiore allo 0.5 di gravità, scossa più violenta che in passato, anche se classificabile meno forte, troppo poco profonda per non ferirla cosi in profondità. L'Aquila alla sua montagna e alle sue acque, al suo contando, ha pagato un prezzo comunque inferiore che in passato, ma ancora troppo alto.
L'Aquila come sempre tornerà qui, esattamente qui, perchè il Gran Sasso, le sue acque e le terre che si aprono nel suo avvallarsi, non potremmo trasportarle con noi in nessun altro luogo.

mercoledì 25 marzo 2009

Centrosinistra, coalizione, amministrazione.

Scrivo d'urgenza, giusto per non dare il segno di un abbandono del blog.
Sono alla ricerca di un tempo per la riflessione, per sganciare e pensare, per capire con distacco questi primi giorni di diversa responsabilità.
E per provare a raccontare.
Appuntamento al 2 Aprile, ormai diventato una data di grandi attese.


P.S.:
A proposito, si a Genova c'ero. Ho manifestato insieme ad altre centinaia di migliaia di persone, con la pratica pienamente e totalmente non violenta.
Manifestavamo contro la globalizzazione neoliberista, contro il WTO, il FMI e il G8 che svuotando i poteri di controllo del pubblico, degli Stati, dei cittadini, hanno devastato Paesi, distrutto l'ambiente, massacrato popoli, indigeni, contadini, lavoratori di tutti i paesi, piccoli risparmiatori. Manifestavamo contro un modello economico che, a partire dalla finanziarizzazione, ha gonfiato a dismisura grandi rendite e ha aumentato a dismisura le povertà.
Siamo stati assaltati, delegittimati, minacciati, picchiati (non io, per fortuna personale), umiliati, demonizzati.
Eravamo tutti devastatori (e non era vero).
Eravamo tutti colpevoli.
Eravamo tutti dei semi-terroristi,
Oggi a distanza di 8 anni il sistema capitalistica neoliberista è collassatto su se stesso, lasciando ancora più disastri sulle spalle delle solite ennesime vittime, non certo i veri carnefici, quelli della Trilateral e i grandi speculatori mondiali.
Oggi a distanza di 8 anni tutti reclamano gli Stati, i soldi pubblici.
Oggi a distanza di 8 anni, cosa ancora avete da dire a noi che da Genova (ma anche da prima, da Napoli, da Seattle) protestavamo contro il "governo" del neoliberismo?

mercoledì 4 marzo 2009

Oggetto della riflessione.

Statuto di Sinistra democratica.
Articolo 34 - Durata delle cariche

1. La partecipazione ad organi esecutivi di direzione del Movimento è incompatibile con la titolarità di cariche di governo a livello nazionale e con la presenza nelle giunte regionali provinciali e dei comuni capoluogo di provincia.

martedì 3 marzo 2009

Promemoria per una sinistra del XXI secolo - M.Cini

Condivido tuttora, nonostante l’attuale diaspora della sinistra, la domanda che Claudio Fava aveva formulato a Chianciano con chiarezza: “Abbiamo paura di impegnarci nella costruzione di una sinistra che sappia finalmente elaborare le culture del comunismo e del socialismo per proporne una sintesi originale? Qualcuno di noi è così miope da vivere questa sfida culturale e politica, che forse prenderà il tempo e lo spazio di una generazione, come un tradimento ai sacri luoghi delle nostre identità? O pensiamo davvero che tra dieci o vent’anni ci saranno ancora, in questo paese, una sinistra cosiddetta “socialdemocratica” e una sinistra cosiddetta “comunista”, ciascuna gelosa custode delle proprie liturgie e della propria storia? Un nuovo soggetto politico di sinistra non soffocato dall’ornamento dei propri aggettivi è solo una favola ce ci raccontiamo o è realmente una sfida che ci mette tutti (tutti!) in discussione?”

Penso ancora che il dibattito su come iniziare a costruire gli strumenti che possono contrastare l’offensiva travolgente che il capitalismo del XXI secolo sta portando avanti contro i popoli della Terra dovrebbe avere la priorità. Temo invece che l’obiettivo della ricostruzione di una sinistra senza aggettivi non sia ancora percepito nella sua urgenza. Certo non si potrà affrontarlo finché ognuno intende presentarsi all’appuntamento con la pretesa di usare la propria cassetta di attrezzi ereditata dal bisnonno.(...)

Io credo che continueremo a pestare acqua nel mortaio se non si partirà dalla consapevolezza che il capitalismo del XXI differisce da quello del XX secolo altrettanto radicalmente, se non di più, di quanto il capitalismo del XX differiva da quello del XIX. Dovremmo cominciare con il ricordare che Il Capitale non è caduto dal Cielo, ma è stato il frutto delle ricerche di un Marx che era andato in Inghilterra per studiare il processo di produzione della ricchezza nel paese capitalistico allora più avanzato al mondo quando ancora l’agricoltura era l’attività di gran lunga dominante nell’economia. E dovremmo anche ricordare che il fondatore del marxismo ha dedicato anni ad impossessarsi delle conoscenze indispensabili a capire le basi scientifiche e tecnologiche (ricordiamoci le pagine sulla spoletta dei telai di Manchester), oltre che quelle economiche, del processo di produzione industriale delle merci materiali sul quale si sarebbe fondato per più di un secolo il processo di accumulazione del capitale.

E ricordiamo anche che negli anni più duri e bui della dittatura fascista Antonio Gramsci si dedicava allo studio della forma più avanzata del capitalismo – il fordismo americano – sapendo bene che non gli sarebbe servito a uscire dal carcere di Turi nel quale era rinchiuso, ma che quella forma di organizzazione produttiva avrebbe dominato il mondo per un altro secolo.

Oggi nessun esponente politico della sinistra (o di quello che era il centrosinistra), salvo pochissime eccezioni, avverte simili curiosità. Per non parlare degli economisti della nostra area che si dividono tra quelli che pretendono di fornire ognuno la propria interpretazione – ovviamente quella giusta - di ciò che diceva Marx e quelli che, vantandosi di ignorare programmaticamente che cosa si produce, come si produce e per chi si produce, si occupano soltanto di PIL e di come si può ridurre il debito.

Perché, oggi che il capitalismo ha vinto in tutto il mondo, non cerchiamo anche noi di guardare cosa c’è di nuovo là fuori? Proverò in questo breve testo a elencare quattro differenze, secondo me essenziali, tra la società capitalistica del XX e quella del XXI secolo sulle quali bisognerebbe costruire un discorso comune.

La prima differenza investe il modo di produzione della ricchezza. Essa è rappresentata dalla tendenza, suffragata da fatti sotto gli occhi di tutti, a fondare sempre più la formazione del profitto nel processo di accumulazione del capitale sulla produzione di merci non tangibili (non solo conoscenza, informazione, saperi, formazione, ma anche comunicazione, intrattenimento e addirittura modelli di vita). Non voglio dire che la produzione di merci materiali sia diventata inessenziale o quantitativamente secondaria, ma insisto che la produzione delle merci necessarie al soddisfacimento dei bisogni crescenti della popolazione umana è sempre più impregnata in ogni suo interstizio e resa concretamente possibile da una sempre maggiore e indispensabile componente non tangibile di conoscenza.

L’obiettivo principale del capitalismo odierno è dunque di negare la differenza sostanziale tra la natura dei beni materiali e quella dei beni immateriali, nascondendo la proprietà fondamentale di questi ultimi che, contrariamente a ciò che accade per i beni materiali, è quella di poter essere goduti da parte di un "consumatore" lasciando intatta la possibilità che innumerevoli altri facciano altrettanto. Il “consumatore” dunque in realtà non “consuma” il bene di cui fruisce che può continuare ad essere a disposizione di tutti.

Se questa proprietà fosse socialmente riconosciuta come “naturale” il capitalismo semplicemente crollerebbe. Non è un caso, tanto per fare un esempio, che Bill Gates ha dichiarato che le pratiche open source sono il peggior nemico dell’economia di mercato. E’ per questo che i brevetti e i diritti di proprietà intellettuale, giustificati originariamente come giusta ricompensa all’ingegno e alla creatività degli autori, sono diventati in realtà in massima parte rendite di capitale estorte in un mercato artificiosamente costruito per rendere scarsi beni che scarsi non sono.

La differenza non investe soltanto la fase del “consumo”, ma anche quella della produzione. Mentre per l’operaio della fabbrica di merci materiali (nelle sue fasi successive dal fordismo al toyotismo) la categoria marxiana di lavoro astratto, misurabile quantitativamente, rappresentava tutto sommato la sostanza del rapporto capitale lavoro (e comunque stava alla base dell’analisi di Sraffa sulla “produzione di merci a mezzo di merci”), per il lavoratore della fabbrica delle parole (folgorante a questo proposito il film di Virzì sulla vita degli operatori dei call-center che vale più di tanti corposi saggi) la categoria della qualità caratterizza inevitabilmente il lavoro di ogni individuo. La differenza é sostanziale. Nel primo caso gli operai si sentivano oggettivamente e soggettivamente uguali, e dunque solidali tra loro. Si contrapponevano al capitale attraverso sindacati e partiti di classe. Nel secondo ogni lavoratore compete con gli altri con tutti i mezzi per sopravvivere. L’individualismo e la solitudine sono la regola. Questo spiega tante cose: in primo luogo la vittoria di Berlusconi. Il discorso andrebbe approfondito, e io non sono in grado di farlo: mi stupisce però che chi dovrebbe saperne più di me non lo faccia.

La seconda differenza fondamentale è la scoperta dei limiti fisici dell’ecosistema terrestre. Sono rimaste inascoltate, e addirittura accusate di terrorismo intellettuale, fino a due o tre anni fa le grida d’allarme (che risalgono agli anni 70) dei primi ambientalisti, intesi a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sui sintomi dell’incipiente degrado ambientale che avrebbe investito il pianeta, nonostante che esse siano state via via rafforzate per trent’anni da fatti incontrovertibili e da analisi sempre più approfondite e documentate.

Per rendersi conto della totale incapacità dello stesso establishment scientifico di percepire la gravità della situazione, va ricordato che duecentosessanta scienziati di grande prestigio, fra i quali molti premi Nobel, indirizzarono ai capi di Stato, riuniti a Rio de Janeiro nel 1992 per affrontare i problemi del degrado dell’ecosistema terrestre, un solenne appello – con l’altisonante titolo di Appello di Heidelberg - inteso a metterli in guardia, non dai pericoli emergenti in conseguenza del crescente inquinamento dell’aria del territorio e delle acque, ma addirittura - udite, udite - dallo “spettro dell'emergere di una cultura ecologica” vista come "ideologia irrazionale che si oppone al progresso della scienza e nuoce allo sviluppo economico e sociale" e per diffidare le "autorità responsabili del destino del nostro pianeta dal prendere qualunque decisione fondata su argomenti pseudoscientifici."

Ci sono voluti altri quindici anni e più perché gli scienziati dell’IPCC (l’organismo delle Nazioni Unite per lo studio del cambiamento climatico) arrivassero alla conclusione - ormai finalmente condivisa dalla maggior parte della comunità scientifica internazionale (a parte gli ultimi “giapponesi” rintanati nella foresta, particolarmente numerosi in Italia), e fatta propria anche dai maggiori esponenti politici della Comunità Europea – che interventi concreti massicci e urgenti sono necessari per contrastare l’aumento dell’effetto serra e della temperatura globale del pianeta e impedire le sue conseguenze devastanti.

Conseguenze del resto previste e quantificate nel notissimo rapporto redatto dal principale consulente economico di Tony Blair, Nicholas Stern, nel quale si prevede che, se si continua a non intraprendere alcuna azione significativa per ridurre l’emissione di CO2 nell’atmosfera, i danni del riscaldamento globale potranno arrivare nel giro di dieci, al massimo venti anni, a un tasso annuo tra il 5% e il 20% del PIL globale. Una cifra da confrontare con una spesa attorno all’uno percento in misure preventive da iniziare subito.

In sostanza, alla base della crisi ambientale c’è l’appropriazione privata di quell’immenso bene comune costituito dalle infinite risorse dell’ecosistema terrestre che si aggiunge all’appropriazione delle materie prime e delle fonti di energia che ha caratterizzato per secoli la colonizzazione del pianeta da parte delle potenze occidentali (con i genocidi che hanno accompagnato la loro “missione civilizzatrice”). L’incomprensione da parte della tradizione comunista di questo processo costituisce purtroppo una pesante palla al piede della sinistra che contribuisce a comprometterne il necessario processo unitario.

La terza differenza riguarda la scienza. Nell’immaginario collettivo la scienza ha assunto un peso enorme, carico da un lato di aspettative, e dall’altro di paure. Per capirne l’origine occorre rendersi conto che anch’essa ha subito un profondo mutamento. Esso consiste nel suo passaggio dal modello galileiano e newtoniano di conoscenza delle proprietà e della struttura della materia inerte, fondato sulla ricerca delle leggi generali e immutabili della natura che ne sarebbero la causa prima, al modello di conoscenza delle proprietà della materia vivente e della mente umana fondato sul riconoscimento dell’unicità di ogni processo nel quadro dei principi dell’evoluzione darwiniana e dell’autorganizzazione dei sistemi complessi. E’ importante sottolineare che si tratta di una svolta epistemologica radicale. Fino agli ultimi decenni del secolo scorso infatti il modello di scientificità di queste ultime era ancora quello delle scienze della materia inerte.

Ovviamente questo non vuol dire che i processi della vita e della mente umana non siano vincolati dalle leggi della fisica e della chimica, ma soltanto che esse non sono sufficienti a ricostruirne dal basso le proprietà. E quindi che inevitabilmente occorre tenere conto degli aspetti aleatori e della dipendenza dal contesto dei fenomeni che li coinvolgono, perché le loro proprietà non sono completamente ricostruibili a partire da quelle dei loro elementi costituenti, né sono indipendentI da ciò che sta attorno a loro. A titolo di esempio basta pensare che in circostanze locali e temporali diverse, geni diversi possono innescare la produzione della stessa proteina e proteine diverse possono essere prodotte dallo stesso gene. Non è così per gli atomi e per le molecole della materia inorganica. La svolta di fine secolo istituisce dunque una differenza epistemologica fra le scienze della materia inerte e quelle della materia vivente e della mente, che viene sistematicamente ignorata sia dall’establishment scientifico che dai detentori del potere economico e politico

Non c’è più dunque una scala gerarchica di attività separate e distinte che vede al vertice una scienza “pura” come scoperta disinteressata e autonoma delle leggi generali della natura, dalla quale nasce una tecnologia che ne applica i risultati per creare oggetti destinati a fini utili, e a sua volta li consegna all’economia perché investa le risorse necessarie a immetterli nel modo più efficiente e profittevole sul mercato. C’è invece una catena circolare di effetti che retroagiscono sulle loro cause. Le tre sfere sono ormai strettamente intrecciate e il perseguimento del massimo profitto nel più breve tempo possibile è il motore dello sviluppo del complesso delle tecnoscienze integrate nel sistema delle imprese multinazionali che dominano i settori fondamentali della società globale: alimentazione, energia, salute, armi, intrattenimento e comunicazioni.

Molti scienziati seri e disinteressati, impegnati in un lavoro di ricerca “di base”, che non si pone l’obiettivo immediato di ottenere risultati da immettere sul mercato, negano che questa svolta sia così radicale e sostanziale, e auspicano comunque che la barriera tra scienza e tecnologia venga ripristinata e rafforzata. Secondo me si tratta di una illusoria aspirazione a tornare ai bei tempi passati, che ignora il carattere irreversibile della trasformazione che ha investito il tessuto sociale negli ultimi due o tre decenni. Una trasformazione che non solo deriva dalla differenza epistemologica tra la scienza delle leggi e le scienze dei processi alla quale ho appena accennato, ma che ha anche una causa con una data d’inizio precisa: l’anno 1980,

E’ la data in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deliberato che gli organismi geneticamente modificati possono essere brevettati. Da quel momento in poi si brevetta tutto: qualsiasi pezzo di materia vivente e qualunque idea venga partorita da una mente umana. Ci sono ormai anche le vignette, sulle riviste scientifiche come Science, sugli scienziati che oggi brevettano le cose che vorrebbero fare prima di trovarle, con un’inversione totale rispetto a quello che era la scienza quando da giovane ho iniziato a occuparmene. Nessuno dei miei colleghi, di qualunque disciplina, si sognava allora di brevettare un risultato “scientifico”. Persino gli scopritori della fissione nucleare non pensarono mai, tanto per fare un esempio, di poter brevettare gli elementi transuranici che avevano “prodotto” in laboratorio.

Oltre alla differenza sul piano epistemologico che abbiamo appena discusso, si è prodotta con il passaggio dalle scienze della materia inerte a quelle della vita e della mente una differenza radicale sul piano dell’etica professionale degli scienziati. Una cosa è infatti manipolare, controllare, forgiare un oggetto fatto di materia inerte e altra cosa è compiere le stesse operazioni su un organismo vivente o addirittura sull'uomo. Nel primo caso il lecito può coincidere con l'utile (anche la distinzione “per chi” aprirebbe tuttavia a rigore problemi valoriali), nel secondo il lecito dovrebbe per lo meno dipendere anche da una valutazione di natura etica: diventa sempre più difficile decontaminare i fatti dai valori ed estirpare gli interessi dalla conoscenza. Nasce dunque il problema della ricerca di un corretto rapporto fra conoscenza e valori, cioè fra la costruzione di una rappresentazione razionale della realtà sensibile adeguata ai bisogni dell’umanità e il perseguimento di "retti" comportamenti individuali e collettivi.

Lo sgretolamento della barriera tra fatti e valori sta accendendo un confliutto per l’egemonia nella società fra chi ritiene che soltanto perseguendo un crescente dominio razionale sui fatti e sulle relazioni che li connettono sia possibile affrontare i problemi della vita umana e della convivenza sociale e chi pretende di essere depositario e amministratore di valori assoluti di origine trascendente in grado di regolamentare ogni aspetto dei comportamenti umani.

Ma la scoperta che c’è qualche cosa nella scienza che implica giudizi di valore - la differenza fra il bene e il male, fra ciò che si può fare e ciò che non si può fare – porta la religione ad appropriarsi del diritto di decidere in merito con la scusa che la religione ha il monopolio della morale. Sappiamo tutti che questa è la pretesa del papa Benedetto XVI. E’ una intrusione indebita, come hanno ampiamente dimostrato pensatori come Jurgen Habermas, Hans Jonas, e giuristi come Gustavo Zagrebelski.

Deve essere tuttavia ben chiaro che la battaglia per l’autonomia della scienza contro l’ingerenza dei dogmi religiosi non può essere condotta in nome di una astratta scienza galileiana che ignora l’intreccio tra conoscenza e valori che caratterizza oggi le scienze della vita e della mente. Se si pretende che in tre secoli la scienza non sia cambiata si perde in partenza. Se invece si riconosce che l’intreccio fra conoscenza e valori è nelle cose, diventa legittimo, anzi necessario, rifiutarsi di “ritagliarne” i temi, come si dice oggi, “eticamente sensibili” per cederne la competenza a un unico soggetto esterno, per di più autoritario per natura, come il capo della Chiesa cattolica.

La formazione del consenso sul lecito e l’illecito deve invece coinvolgere, nelle forme da costruire insieme, una molteplicità di soggetti, aperti al dialogo e al confronto reciproco, portatori di tradizioni culturali, istanze sociali, esperienze del passato e progetti per il futuro in grado di presentare punti di vista diversi diffusi, ma ignorati dai meccanismi di decisione attualmente adottati senza discussione, con affrettata arroganza e incoscienza dai detentori dei poteri e degli interessi più forti.

E’ questa l’unica via percorribile per cercare di ridurre da un lato i rischi di conseguenze, a priori imprevedibili e a posteriori deprecabili, di decisioni unilaterali autoritariamente imposte, e dall’altro per contrastare la dilagante diffusione nell’opinione pubbiica di paura, diffidenza e sfiducia nei confronti della scienza e della ragione.

In sostanza il capitalismo del XXI secolo si sta dimostrando incapace di far fronte alle emergenze che si profilano all’orizzonte in tempi brevi rispetto alla durata della vita umana. Una incapacità messa in evidenza dal clamoroso fallimento del recente vertice della FAO, convocato d’urgenza per discutere della prospettiva, rivelatasi all’improvviso nel giro di pochi mesi come imminente, della morte per fame di decine, forse centinaia di milioni di abitanti del pianeta a causa della crescita vorticosa dei prezzi dei cereali base per l’alimentazione umana.

Una incapacità ribadita ancora più recentemente dalla indecorosa farsa dell’ultimo vertice dei G8, concluso senza alcun impegno per l’immediato domani ma con una promessa – una spudorata presa in giro del mondo intero - priva di alcuna base concreta secondo la quale nel 2050 le emissioni di CO2 saranno dimezzate. Come se non si sapesse benissimo che sarebbe già tardi cominciare da subito a prendere le misure drastiche necessarie. Questi fallimenti. che rispecchiano l’intreccio di tutte le questioni cruciali dei prossimi vent’anni - l’alimentazione, l’energia, il clima, la pace e la guerra, le migrazioni - sono il segnale che il sistema economico del capitale globale sta correndo senza controllo verso il baratro.

Di questo baratro parla un libro recente di Jacques Attali intitolato Breve storia del futuro. Senza entrare in dettagli accenno soltanto che l’autore vede prossima la crisi alla quale va incontro l’attuale impero americano. Il cammino percorso nel secondo dopoguerra verso l’estensione del mercato e della democrazia rischia di arrivare al suo termine nel giro di due o tre decenni. “L’acqua e l’energia si faranno più scarse, il clima verrà posto in pericolo le disuguaglianze e le frustrazioni si aggraveranno, i conflitti si moltiplicheranno, si innescheranno grandi movimenti di popolazione.” Il mondo diverrà provvisoriamente policentrico, un “iperimpero”, controllato da una striminzita decina di potenze regionali”. Le recenti vicende della Georgia ne sono un segnale inequivocabile.

Seguirà - sempre secondo l’analisi di Attali, un periodo di “iperconflitto” caratterizzato da scontri drammatici, catastrofi ecologiche ed umanitarie. “Ci batteremo per il petrolio per l’acqua per conservare un territorio per lasciarlo, per imporre una fede, per combatterne un’altra, per distruggere l’Occidente, per far prevalere i suoi valori. Prenderanno il potere dittature militari, confondendo eserciti e polizie.”

Infine, tuttavia “a meno che l’umanità non scompaia prima sotto un diluvio di bombe, né l’impero americano, né l’ iperimpero né l’iperconflitto saranno più tollerabili.” E qui arriva la parte secondo me più interessante. “Nuove forze altruiste e universaliste, già attive oggi, prenderanno il potere a livello mondiale, sotto l’imperio di una necessità ecologica, etica, economica, culturale e politica. Queste forze condurranno progressivamente a un nuovo equilibrio questa volta planetario, tra il mercato e la democrazia: l’ “iperdemocrazia”.

“Istituzioni, mondiali e continentali, organizzeranno allora – prosegue Attali – grazie alle nuove tecnologie, la vita collettiva. Porranno dei limiti all’artefatto commerciale alla modificazione della vita e alla valorizzazione della natura, favoriranno la gratuità, la responsabilità, l’accesso al sapere. Renderanno possibile la nascita di una ‘intelligenza universale’, mettendo in comunicazione le capacità creatrici di tutti gli esseri umani, per superarle. Si svilupperà una nuova economia, detta ‘relazionale’ producendo servizi senza cercare di trarre profitti, in concorrenza con il mercato.”

Non intendo qui discutere i tempi e i modi di questi scenari, che ovviamente posssono essere messi in discussione e contestati, nel metodo e nel merito. Sottolineo tuttavia che il testo di Attali va incontro all’esigenza, individuata con chiarezza fin dalla fine del secolo scorso dal filosofo Hans Jonas di fondare una nuova deontologia professionale di tutti coloro – scienziati, tecnologi, economisti, politici - che devono prendere decisioni destinate ad avere conseguenze profonde sulla vita delle donne e degli uomini che vivranno su questa Terra nei prossimi anni “sull'obbligo morale di prefigurarci e di approfondire le possibilità ipotetiche che il nostro oggi, così gravido di conseguenze, sotto molti aspetti calcolabili, porta in grembo”.

Il valore di queste prefigurazioni, proprio perchè non si tratta di previsioni certe e di scadenze fissate, sta infatti nella possibilità di fare qualcosa perché se ne evitino gli scenari più catastrofici e se ne anticipino quelli “a lieto fine”. Emerge infatti in modo chiaro che i primi sono frutto della concezione dell’uomo e della società, caratteristica della cultura della destra, oggi dominante. E’ una concezione fondata da un lato sulla teorizzazione del dominio dei forti sui deboli, sulla diffidenza di ognuno verso gli altri e sulla divisione della società tra vincenti e perdenti, con la conseguente competizione sfrenata tra gli individui per entrare a far parte dei primi calpestando i secondi. Dall’altro fondata sull’idolatria del PIL come unica misura del benessere e della ricchezza, sull’ossessiva coazione al consumo di beni sempre più sofisticati e inquinanti, con la marginalizzazione, fino alla eliminazione fisica, della massa dei non consumatori, e sull’illusione della sostituibilità delle relazioni emotive ed affettive fra esseri umani con l’acquisto di merci che ne dovrebbero svolgere le stesse funzioni. E’ una concezione, infine, fondata sulla determinazione dei potenti a imporre questi “valori” con qualunque mezzo, incluse le armi più letali, a tutto il genere umano.

La realizzazione degli scenari “a lieto fine” richiederebbe invece la diffusione e l’affermazione nella società di valori antitetici. In una parola, richiederebbe l’affermazione dei valori che hanno caratterizzato gli ideali del socialismo e del comunismo. Non nascondiamoci però che il crollo dell’URSS e dei regimi che per decenni hanno rappresentato il “comunismo” e i suoi ideali nel mondo costituisce un fardello così pesante sulle spalle della sinistra, da minare alla base le prospettive di successo di ogni nuovo soggetto politico che si richiami a quell’esperienza storica.

Tuttavia nemmeno gli strumenti teorici e pratici che hanno permesso nel secondo dopoguerra alle forze di tradizione socialista – una tradizione tuttavia fatta propria in Italia anche dai comunisti impegnati nella “via italiana al socialismo” - di realizzare la costruzione e il mantenimento di quel sistema di servizi, di tutele previdenziali e di diritti che caratterizzano il welfare state, risultano oggi in grado di affrontare i problemi che incombono. E’ infatti da trent’anni che nei paesi anglosassoni – dove erano nate con Roosevelt e Beveridge - hanno cominciato a crollare le istituzioni del welfare sotto i colpi di Reagan e della Thatcher, con la copertura teorica di Milton Friedman, e si è andata realizzando la trasformazione del capitalismo dalla sua fase “democratica” a quella autoritaria che Robert Reich chiama Supercapitalismo. In questa fase ogni diritto dei cittadini a fruire di un servizio o a godere di garanzie e protezioni è sostituito dall’accesso al mercato dei soli consumatori in grado di acquistarli. L’uguaglianza, almeno in linea di principio, dei cittadini è sostituita dalla loro stratificazione sociale in base alle risorse economiche di cui dispongono. Questa trasformazione si è estesa successivamente agli altri paesi europei e, da noi, nella sua forma più becera, con il berlusconismo.

Sono dunque proprio le forme e il concetto stesso di welfare, che vanno ricostruite dal basso tenendo conto dei radicali cambiamenti della società. Riconoscere la vetustà degli strumenti pratici e teorici delle tradizioni del socialismo e del comunismo non è dunque una forma di opportunismo, ma un giudizio realistico di inadeguatezza rispetto al fine di contrastare l’avverarsi degli scenari peggiori previsti da Attali, (e non solo da lui).

Qualcuno spera tuttavia che gli strati popolari colpiti dal peggioramento delle proprie condizioni di vita, dall’emarginazione sociale ed economica e dalla perdita di fiducia nelle possibilità di un futuro migliore per sé e per i propri figli, troveranno autonomamente gli strumenti, i mezzi e le energie umane per contrapporre al disegno del capitale forme di autoorganizzazione di ispirazione socialista. La storia ci insegna tuttavia che, senza la presenza attiva di una minoranza di sinistra portatrice di un progetto credibile, la disperazione senza speranza conduce invece a destra.

E nemmeno le catastrofi, piccole o grandi, alle quali il mondo andrà incontro se continua così, porteranno a correzioni automatiche della politica economica nella direzione giusta. Ce lo ha spiegato Naomi Klein nel suo libro Shock Economy, nel quale documenta come proprio le catastrofi naturali siano un’occasione per il capitale di spazzar via gli ostacoli alla sua corsa, eliminando socialmente e addirittura fisicamente, i poveri e i diseredati. “Siamo finalmente riusciti – ha dichiarato per esempio un parlamentare repubblicano dopo l’uragano Katrina - a ripulire il sistema delle case popolari a New Orleans. Non sapevamo come fare, ma Dio l’ha fatto per noi.”

La strada è dunque tutta in salita. Ma non si parte da zero. La situazione di oggi potrebbe essere simile a quella che ha portato alla fine dell’Ottocento alla nascita delle prime organizzazioni degli operai e dei braccianti: società di mutuo soccorso, cooperative, banche popolari, e successivamente anche sindacati e partiti. Ci sono oggi pratiche, esperienze, forme organizzative già presenti nelle pieghe del tessuto sociale che, sia pure minoritarie, coinvolgono milioni di uomini e donne di buona volontà in tutto il mondo, ma potrebbero diventare dominanti. Per esempio lo sviluppo di relazioni tra individui mutuamente vantaggiose ma non dirette alla realizzazione di profitto; la pratica di forme di lavoro in cooperazione finalizzate al raggiungimento di obiettivi comuni; la formazione del consenso sulle decisioni che comportano vantaggi e svantaggi tra soggetti diversi; la composizione dei conflitti tra portatori di interessi differenti; la gestione di beni comuni nell’interesse degli appartenenti a una stessa collettività.

O ancora si potrebbe imparare a estendere anche ad altri settori della produzione di merci non tangibili lo scontro che ormai da due o tre decenni contrappone nelle tecnologie dell’informatica da un lato i sostenitori delle pratiche dell’open source e del free software (che tuttavia differiscono significativamente, secondo i rispettivi sostenitori, negli obiettivi e nei metodi) e dall’all’altro Bill Gates e la sua filosofia del software di proprietà privata. In sostanza occorre reintrodurre nel processo di produzione della ricchezza la classe dei “beni comuni”, scomparsa o quasi dall’economia da quando il capitale ha cominciato nell’Inghilterra del ‘600 ad appropriarsi delle terre comunali con le enclosures.

Anche in questo caso, tuttavia, bisogna non cadere nella trappola dell’ottimismo tecnologico che porta ad attribuire alla rivoluzione digitale, con le strutture reticolari alla quali ha dato origine e per le possibilità di connessione istantanea tra gli individui che ha assicurato, la capacità di instaurare di per sé forme più estese e capillari di democrazia partecipata.

In particolare Carlo Formenti, in un recentissimo libro (Cybersoviet), mette in guardia la sinistra dall’abbracciare l’illusione che la “democratizzazione dei consumi”, celebrata dai profeti del Web 2.0 non prelude a una “presa del potere” da parte dei produttori/consumatori, bensì all’espropriazione capitalistica dell’intelligenza collettiva generata dalla cooperazione spontanea e gratuita di milioni di donne e uomini.

Più ottimista si mostra tuttavia Mariella Berra che, nel suo bel libro Sociologia delle reti telematiche prospetta la possibilità che “il dono e la cooperazione possano idealmente porsi come il presupposto naturale per la crescita di una nuova economia che utilizzi Internet e più in generale il sistema socio-tecnico delle reti come luogo di diffusione e di scambio”. “Nella rete – prosegue infatti questa autrice – il soggetto non solo agisce come un attore razionale che massimizza le sue utilità individuali, ma, grazie alle estese e reversibili relazioni di scambio a cui partecipa, si trova a cooperare nella produzione di beni pubblici.”

E ancora, ad esempio, esiste secondo Giorgio Ruffolo (che riporta i risultati degli studi degli economisti del Centro Hypermedia dell’Università di Westminister), la possibilità che l’esplosione del Web possa “aprire nuove prospettive a una economia della reciprocità, libera dai vincoli sia del mercato che dello Stato”. In alternativa alla privatizzazione di ogni bit prodotto, e alla conseguente necessità di assicurarne il diritto di proprietà moltiplicando polizie e tribunali, lo Stato potrebbe “assumere il compito di fornire l’infrastruttura della rete Internet, non più finanziata dalla pubblicità... attraverso tasse che la collettività decide democraticamente per massimizzare il bene pubblico dell’informazione.” In tal caso – prosegue - “la libera circolazione dell’informazione fornita dalla rete, anzichè costituire un danno per i fornitori privati soddisfa pienamente lo scopo del fornitore pubblico. Si apre un nuovo spazio dove allo scambio valorizzato (informazione contro pubblicità), subentrano prestazioni reciproche gratuite.”

Su questo principio si potrebbe addirittura sviluppare un nuovo tipo di economia – l’economia relazionale della quale parla Attali - basata sulla cosiddetta impresa open source. Ma chi se non la sinistra, può proporsi di percorrere questa seconda strada?

Marcello Cini

Il Liberismo ha i giorni contati - Baustelle

E’ difficile resistere al Mercato, amore mio
Di conseguenza andiamo in cerca
di rivoluzioni e vena artistica
Per questo le avanguardie erano ok,
almeno fino al ’66
Ma ormai la fine va da sé
E’ inevitabile
Anna pensa di soccombere al Mercato
Non lo sa perché si è laureata
Anni fa credeva nella lotta,
adesso sta paralizzata in strada
Finge di essere morta
Scrive con lo spray sui muri
che la catastrofe è inevitabile

Vede la fine in metropolitana,
nella puttana che le si siede a fianco
Nel tizio stanco
Nella sua borsa di Dior
Legge la Fine nei saccchi dei cinesi
Nei giorni spesi al centro commerciale
Nel sesso orale, nel suo non eccitarla più
Vede la Fine in me che vendo dischi
in questo modo orrendo
Vede i titoli di coda nella Casa e nella Libertà

E’ difficile resistere al Mercato, Anna lo sa
Un tempo aveva un sogno stupido:
un nucleo armato terroristico
Adesso è un corpo fragile
che sa d’essere morto e sogna l’Africa.
Strafatta, compone poesie sulla Catastrofe

Vede la fine in metropolitana,
nella puttana che le si siede a fianco
Nel tizio stanco
Nella sua borsa di Dior
Muore il Mercato per autoconsunzione
Non è peccato, e non è Marx & Engels.
E’ l’estinzione, è un ragazzino in agonia.
Vede la Fine in me che spendo soldi
e tempo in un Nintendo
dentro il bar della stazione
e da anni non la chiamo più.

domenica 15 febbraio 2009

venerdì 6 febbraio 2009

Organizzazione mafiosa e potere politico.

“La compenetrazione fra i due è avvenuta come risultato di un incontro che è stato cercato e voluto da entrambe la parti. La mafia quindi è un fenomeno di classi dirigenti”. Pio La Torre

lunedì 2 febbraio 2009

Alcune domande. Semplici semplici.

“La seconda bocciatura del passaggio della metropolitana di superficie in via Roma da parte del comitato tecnico scientifico del Consiglio Superiore del Beni Culturali segna l’ennesimo, ed a mio avviso, pressoché decisivo colpo di freno alla realizzazione dell’opera, almeno per quanto riguarda il progetto pervicacemente voluto dalla Giunta comunale” On. Massimo Cialente - 2006

Domanda n.1.
Perché invece oggi il Sindaco Massimo Cialente pretende che un organo tecnico cambi la sua valutazione tecnica? Cosa accade, Cialente sindaco attutisce le vibrazioni?
Cosa rende ostinatamente e cocciutamente un Sindaco all'opera contro altre amministrazioni dello Stato (BAAS - comitato tecnico scientifico) per far costruire-modificare valutazioni tecniche e scientifiche già date nel pieno dell'autonomia e dell'imparzialità amministrativa garantita dalla Costituzione. Un Sindaco può ritenere davvero legittimo, corretto, che una valutazione debba essere condizionata dai progetti "politico-amministrativi" o dalle difficoltà "politico-amministrative"?
Perchè tanta ostinazione tale da far travalicare la "correttezza istituzionale"?

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Programma di Governo di Massimo Cialente candidato sindaco ....

"In brevissimo tempo dovrà essere:
• rivisitato il piano strutturale nell’ottica di un’organizzazione strategico-strutturale di area vasta per la città-territorio;
• sottoscritto il protocollo d’intesa con la provincia;
• adottato un piano operativo redatto ed elaborato dal nuovo Consiglio Comunale con il metodo della copianificazione
e con l’utilizzo degli accordi istituzionali;
• completato l’iter delle osservazioni e della partecipazione, dei pareri e dell’approvazione definitiva."


Domanda n.2
Perchè invece di entrare nell'iter della pianificazione il Sindaco ha intrapreso solo la strada dell'Urbanistica concordata/contrattata/a domanda ?


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Dal Programma di Mandato di Massimo Cialente candidato sindaco....

In un’ottica di pianificazione strategica, l’impegno prioritario
dell’Amministrazione comunale sarà quello di dotare la città di un vero piano della mobilità, redatto con criteri scientifici di respiro comprensoriale, di media lunga prospettiva, alla luce del quale saranno finalmente realizzate le eventuali
necessarie infrastrutture viarie nonché lo stesso piano parcheggi.
Per la definitiva approvazione dei suddetti piani, sarà comunque necessario tener conto dei seguenti indirizzi prioritari:
• ridurre la congestione del traffico urbano, l’inquinamento ed i consumi energetici, nonché migliorare accessibilità e
fruibilità del Centro Storico;
• realizzare un’adeguata connessione viaria di insediamenti importanti quali le Scuole di Acquasanta, le zone residenziali
della Torretta, di Ghignano, di Pile e di Coppito, gli insediamenti produttivi e commerciali ad ovest della città;
• decongestionare il traffico e promuovere una graduale pedonalizzazione del centro storico trasferendo la maggior
parte degli spostamenti in ambito urbano dal mezzo individuale a quelli collettivi. In questa ottica si proverà a sperimentare
l’utilizzo pubblico di biciclette elettriche nel centro cittadino;
• valutare nell’ambito della stesura del piano della mobilità, l’ipotesi da anni considerata, della realizzazione dei parcheggi
di scambio (dove si lascia l’auto e si prosegue con il mezzo pubblico) per almeno 5000 posti dai quali far partire
ogni 5-8 minuti navette di collegamento con il centro, privilegiando le seguenti ottimali localizzazioni:
- zona Ospedale-Università di Coppito, in relazione alle necessità e alle funzioni in essa presenti e alla revisione dell’incrocio
a raso con la S.S. 80;
- zona impianti sportivi di Centi Colella, in relazione alle necessità e alle funzioni in essa presenti ed alle quali attualmente
assolve l’area antistante gli impianti;
- zona Piazza d’Armi, risolvendo contestualmente le difficoltà del sistema viario e del traffico che si addensa nell’area;
- zona stadio di Acquasanta e Cimitero.
• predisporre il collegamento tra i parcheggi di scambio nel quadro di un progetto infrastrutturale di “Raccordo
Anulare”, che consenta spostamenti rapidi senza attraversare la zona urbana congestionata e che realizzi l’integrazione
con l’utilizzo urbano della ferrovia esistente.

Domanda n.3
Perché si mandano in porto i parcheggi di Sant'Apollonia, e poi S.Bernardino, S.Silvestro senza avere il PUM, senza aver rivisto il Piano Parcheggi alla sua luce, senza aver fatto togliere il commerciale interno al parcheggio di Sant'Apollonia ....


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Chi pianifica il territorio? La collettività attraverso forze politiche, consiglieri eletti, sindaco come da Costituzione e da legge oppure il territorio è determinato dagli interventi proposti dal privato, cioè da legittimi interessi privati e la "pianificazione del territorio" è conseguente a questi interessi?
Cosa è invariante nel governo del territorio, l' autonomia della pianificazione pubblica o i progetti di insediamento privato?

Cosa è patrimonio pubblico il "territorio" o "il mattone" ?

giovedì 29 gennaio 2009

Non solo distaccate.

Si discute delle sedi distaccate.
Di Celano, nata male e finita come non poteva diversamente.
Di Sulmona, su cui magari si poteva fare una discussione su un piccolo ma preciso profilo e che potrebbe anche avere un qualche senso; ma che finirà male, perchè una distaccata ha un senso se ha una sua identità, non se è lo sportello esterno. Sarebbe carino che la piccola Università di Teramo decidesse cosa fare di Giulianova, Atri, Mosciano e non ricordo neanche piu'...
Per non parlare dell'incredibile Giurisprudenza (teramana) di Avezzano.

L'Italia è piena di distaccate. Nate per la combinazione di interessi politici, sballate logiche da "brand territoriale", interessi di professionisti alla ricerca di poter scrivere prof al fianco del proprio nome e della propria professione (gli avvocati e la giurisprudenza ad esempio...), il familismo imperante in Italia e un basso, sottofinanziato e incompiuto sistema del diritto agli studi che non ha favorito la mobilità degli studenti nel territorio.

E va bene così. Ma vogliamo parlare allora di quel coacervo di sedi legali, che distaccate non sono e che per nascere hanno avuto il via libera "da legge" ?

Voglio parlare di Enna ad esempio, ex distaccata di Catania, nata per la combinazione degli interessi di Latteri, Crisafulli e compagnia dicendo.

Ma ce ne sono di minuscole, di dimensione uguale e inferiore alle tante distaccate, e sono Università, riconosciute da legge, approvate da CUN, Ministero e via dicendo, con i propri organismi, i propri rettori etc....


Aosta, 1034 iscritti; San Pio V (Roma), 1040 iscritti; Libera Università Mediterranea “Jean Monnet” (Centro Commerciale di Casamassima, Bari) 1066 iscritti; Università Europea (Roma, Legionari di Cristo), 449 iscritti;

E non dimentichiamo alcune meravigliose telematiche:
"e-Campus"; "UNITEL; "TEL.M.A."; Universitas Mercatorum; "Giustino Fortunato"; "Petaso"; e altre ancora, ... ah scusate, tra le quali ovviamente la fenomenale "Leonardo da Vinci", gemmata dalla Fondazione D'Annunzio, a sua volta gemmata e finanziata dall'Ateneo D'Annunzio.

Vabbè così, giusto per allargare il cerchio.

mercoledì 28 gennaio 2009

La Regione Abruzzo e il Diritto agli Studi Universitari. Un bivio

La IX legislatura della Regione Abruzzo si apre in una fase difficilissima, con la grande difficoltà finanziaria dell’Ente ad intrecciarsi con una profondissima crisi economica. Pessime sono le previsioni sul fronte occupazionale e sui redditi delle famiglie e l’Abruzzo è nel pieno della crisi. Il tessuto industriale è in gravissima difficoltà; le disgrazie della Sanità abruzzese sono ampiamente raccontate; migliaia di precari, del pubblico come del privato, hanno già perso il proprio lavoro a causa del combinato tra la crisi e le politiche governative “ammazza-precari”, molti altri lo perderanno nei prossimi mesi. La ricaduta sociale sarà durissima.
In questo scenario rischia di scomparire il “microsettore” del Diritto agli Studi.
Poche decine di lavoratori negli Enti, circa un centinaio nelle ditte appaltatrici tra mense, case dello studente, pulizie. Un granello di sabbia.
Le Adsu però hanno un’utenza ampia e sensibile, perchè garantiscono un diritto fondamentale, quello agli studi universitari, a tutti gli studenti e anche a chi, meritevole, è in condizioni economiche disagiate. Su circa 70.000 universitari in Abruzzo quasi 7000 risultano idonei alla borsa di studio, cioè sono meritevoli e possiedono un reddito ISEE familiare al di sotto dei 16.000 Euro. Altre migliaia di studenti sono con redditi ISEE tra i 16.000 e i 20.000, fanno cioè notevoli sforzi per sostenere i propri studi e tendenzialmente utilizzano i servizi, economicamente più accessibili, delle Adsu, a partire dalle mense.
La crisi economica e reddituale delle famiglie si scaricherà sugli studi universitari dei più giovani. Mentre si affronta la crisi, sia con politiche rivolte alle imprese sia sul fronte degli ammortizzatori sociali, è bene dare “uno sguardo” anche al fronte del diritto allo studio, pena una ricaduta “classista” sugli studi, con conseguenze pesantissime sulla “coesione sociale” e sulla unanimemente declamata “mobilità sociale”
L’ VIII legislatura si è chiusa con un taglio secco di 2.400.000 (32%) sul fondo per il Diritto agli Studi Universitari nel bilancio per l’esercizio provvisorio, riportando la Regione dai 7,4Mni di Euro raggiunti dopo anni di sforzi a 5Mni di Euro.
Un dato da brividi, che travolge i servizi per gli studenti universitari e che precipita l’Abruzzo indietro di 10 anni.
Un dato che, se non corretto in sede di bilancio, porterà l’Adsu dell’Aquila, tanto per essere chiari, a dover scegliere tra il sacrificare le mense universitarie, arrivate a servire oltre 310.000 pasti l’anno o il sacrificare le nuove iniziative residenziali (Residenza diffusa e Residenza ex-Gesuiti).
Una scelta drastica sulle mense avrebbe ripercussioni devastanti per gli studenti universitari, una scelta drastica sulle residenze universitarie riporterebbe la percentuale degli alloggi sugli universitari al vecchio 0,4%, lontano dall’1% appena raggiunto, lontanissimo dall’oltre il 2% nazionale, anni-luce dal 3, 4, 5, 6 che caratterizzano le città-universitarie paragonabili a L’Aquila quali Camerino, Urbino, Pisa, Cosenza, Pavia, Siena, Perugia.
In un contesto difficile l’Adsu dell’Aquila ha abbattuto i suoi costi, ha riportato al 100% la copertura delle borse di studio e ha accresciuto i servizi rimettendo la città dell’Aquila in un contesto “competitivo” con le altre città universitarie.
Non bisogna inoltre dimenticare che l’Università dell’Aquila è un fattore di ricchezza straordinario per la città dell’Aquila: l’ “attrattività” dell’Ateneo, che si compone anche della garanzia della borsa di studio per tutti gli idonei e della qualità dei servizi per gli studenti, può aiutare questo territorio ad “ammortizzare” la crisi economica e ad uscire da essa con alcuni elementi di solidità.
Si può, con un po’ di attenzione da parte della Regione, mantenere i livelli raggiunti a garanzia di un diritto costituzionale anche in una fase difficile come quella attuale.
Nei prossimi 45gg il Presidente Chiodi e la sua maggioranza sceglieranno il destino di “governance” delle Adsu. L’esperienza di chi è uscente può consigliare di non perdere molto tempo nel discutere di “costi dei Cda”, che per le Adsu sono irrisori a fronte di una attiva e utilissima partecipazione studentesca e di una più efficace azione territoriale. Con l’esperienza da Presidente dell’Adsu mi permetto di consigliare al Presidente Chiodi e alla sua maggioranza di scegliere in fretta i nuovi Presidenti e i nuovi CDA, ma in ogni caso, che si scelga velocemente o no, faccio invece appello al Presidente Chiodi, alla sua Giunta, al Consiglio e alle forze politiche e sociali a porgere l’attenzione da subito a quella cifra in bilancio che è assolutamente da correggere, il più presto possibile.
E’ un granello di sabbia, ma i granelli di sabbia, posti nel luogo giusto, possono aiutare a rompere l’ingranaggio della crisi così come, posti nel luogo sbagliato, possono finire per rompere gli ingranaggi della coesione sociale.


Luca D’Innocenzo
Presidente uscente Adsu L’Aquila.

venerdì 23 gennaio 2009

Pd. E' una vergogna!

Veltroni porta già con se una responsabilità storica durissima.
Quando l'Italia si stava liberando di Berlusconi, Veltroni gli ha ridato vita, ha distrutto il centrosinistra e ha consegnato alla peggior destra il Paese.

Veltroni e il Pd però non sembrano soddisfatti.
Si astengono sul federalismo fiscale. Un atto di una gravità inaudita, le cui conseguenze rischiano di essere devastanti per tutti noi.
Si dice pronta a fare la riforma della Giustizia con Berlusconi.
Adesso propone una riforma in extremis della legge per l'elezione al Parlamento Europeo, dove non sussiste la scusa del Governo e della Governabilità, insieme al PDL esclusivamente per tentare di salvare se stesso dal fallimento complessivo.

Il Pd sta devastando tutto, è un coacervo di rappresentanza di interessi privati e privatistici nei territori.
Nazionalmente svende il futuro dell'Italia per uno scontro tra "gruppi dirigenti".

La situazione è scandalosa, vergognosa, drammatica.

S.Silvestro, S.Bernardino, S.Apollonia, Tramvia su Via Roma, Sercom., accordi di programma vari...

Insomma questa lista è lunga.
Davvero troppo lunga.

Io mi vergogno un pò.
E mi vergogno per chi negli anni addietro era capofila dell'opposizione ai progetti di Tempesta e Bonanni. Si può dire sempre "rivolete Bonanni?" e poi fare le stesse cose?

lunedì 19 gennaio 2009

Buoni propositi

Il primo dei buoni propositi per il 2009 è ridare a questo blog un piccolo ruolo.
Fb ha occupato lo spazio dello stato d'animo e delle scadenze varie.
Questo spazio può tornare dunque ad avere un senso solo come spazio cui si appuntano piccole e grandi riflessioni, piccole e grandi provocazioni, piccole e grandi polemiche.

Il secondo dei buoni propositi è recuperare tempo da dedicare ai rizomi sociali e politici, al loro sviluppo e alla qualità della comunicazione nel tessuto.

Il terzo dei buoni propositi è mettersi a disposizione per la sperimentazione di tre differenti livelli di nervatura sociale. Un livello stringente, che assuma le forme di una zona di resistenza umana, un livello di strada, che sia laboratorio di un nuovo modello di riappropriazione urbana, un livello di scala, dove si ritrasmettano immagini, parole, numeri.