L'Aquila, 06 Aprile 2009

Le parti del nostro animo che la guerra ci ha strappato, ritorneranno al focolare.

sabato 24 ottobre 2009

Lettera di dimissioni

Al Sindaco dell’Aquila
dott. Massimo Cialente
Al Segretario Generale del Comune dell’Aquila
dott. Vincenzo Montillo
e p.c.
Ai componenti la Giunta Comunale dell’Aquila
Al Presidente del Consiglio Comunale dell’Aquila
avv. Carlo Benedetti

Oggetto: dimissioni da Assessore al Comune dell’Aquila

Egregio Sindaco, caro Massimo,
so bene che l’avviso di garanzia è un atto che un amministratore pubblico può incontrare nella sua attività, anche quando è nella certezza del proprio corretto svolgimento dell’azione politico-amministrativa, così come so bene che in questo specifico caso l’indagine nulla ha a che vedere con il ruolo di assessore nella Giunta Comunale dell’Aquila.
Ho dedicato questi mesi testardamente alla città e in particolare alle persone che l’hanno vissuta e che continuano a lottare per viverla; come sempre ho esercitato fino in fondo le responsabilità che le deleghe attribuitemi solo due settimane prima del sisma comportavano, deleghe pesantissime in un tale contesto.
Anche quando l’animo era più travolto, ho esercitato, bene o male non tocca a me dirlo, responsabilità delicatissime, nella stragrande maggioranza del tempo in silenzio, in un continuo, non sempre facile, ma proficuo rapporto con il Dipartimento della Protezione Civile e con gli altri soggetti istituzionali coinvolti.
Nell’avviso di garanzia mi si comunica di essere indagato, in qualità di Presidente dell’Adsu, carica da me ricoperta a partire da fine aprile 2006: per aver omesso “di vigilare sulla rispondenza dell’edificio alla destinazione” (destinazione definita da atti e ristrutturazioni avvenute dal 1977 al 1982, n.d.r.); per aver omesso “di vigilare sulla adeguatezza statica e sismica delle strutture dell’edificio sia in relazione alla originaria consistenza strutturale” (costruzione avvenuta nel 1965 n.d.r.), perché “sia in relazione agli interventi succedutisi nel corso degli anni” (1977-1982, 1998-2002 n.d.r.); “non garantiva a fronte di tutti i detti lavori di manutenzione straordinaria recupero o ristrutturazione il rispetto delle esigenze relative alla sicurezza e alla prevenzione antisismica”
Naturalmente il tempo aiuterà a far emergere ruoli, competenze, date, fatti e realtà, ma in questi casi non basta la propria assoluta certezza, conta anche la fiducia dei cittadini nell’istituzione, fiducia che la notificazione di garanzia, anche per quello che negli anni è diventato questo atto nell’immaginario collettivo, potrebbe mettere a repentaglio.
So bene che il ruolo che attualmente ricopro, comporta delicatissime responsabilità, per questo mi è chiaro che bisogna impedire stravolgimenti dei percorsi amministrativi avviati, ma è indispensabile altresì che questi percorsi, che sono tutti frutto del confronto tra Comune e Protezione Civile, debbano essere seguiti con il massimo della forza, della responsabilità e della fiducia.
Un mio automatico proseguire solo in considerazione dell’emergenza può sfilacciare un rapporto di fiducia verso l’istituzione municipale che è indispensabile salvaguardare.
In una fase di strutture istituzionali, politiche e sociali particolarmente deboli, cui si aggiungono le difficoltà organizzative e gestionali della macchina comunale, la fiducia verso il Sindaco diviene tassello cruciale di una tenuta civica di una comunità e per questo, l’oggetto vero di queste dimissioni è la salvaguardia della Tua figura, in un momento così delicato per la città e per la comunità aquilana, lasciando dunque a te, e al confronto con le forze politiche, la completa libertà di una piena determinazione.
Nel ringraziarti, saluto Te, la Giunta ed il Consiglio Comunale augurando a Voi tutti, per il bene collettivo, il miglior lavoro possibile.


L’Aquila 23 Ottobre 2009
Luca D’Innocenzo

domenica 18 ottobre 2009

Un fotogramma o una storia.

E' un dolore lancinante.
E' una vita intera che mi attraversa, quella passata e quella, incredibilmente imprevedebile, futura. Un san Luca che, in ogni caso, accompagna la chiusura per sempre di una vita, senza sapere quella che si aprirà, se mai ce ne sarà ancora una da aprire.
Avrei da scrivere moltissimo, da raccontare al mondo che si affaccia all'improvviso su di noi, cosa siamo stati prima, cosa siamo stati durante, cosa siamo stati dopo.
Vorrei raccontare la valanga di ipocrisia di chi si gira dall'altra parte e di chi guarda con sprezzante e disprezzante distacco.
Il 6 Aprile la nostra amata terra non ha retto più e un "blocco di crosta terrestre a Sud Ovest del piano ha scorso verso il basso di circa 90 centimetri e ha causato in superficie l’abbassamento del suolo". Otto km di rottura in superficie, 25 km di rottura in profondità. Motodi scorrimento veloce, piano di scorrimento lunghissimo, accelerazione impressionante, piano di faglia in profondità sotto la città, in superficie tra San Gregorio e Paganica. Un boato e poi mille boati. Una scossa e poi migliaia di scosse. Un urlo e poi migliaia di urla, il sangue, le lacrime, le macerie, le pietre, i ragazzi, gli elenchi, le ricerche, le attese, le vite individuali e le vite collettive, gli spot, i salvatori della patria e i contro, gli speculatori ed i loro speculari speculatori, il gas, l'acqua, le tende, le notti, gli avvoltoi di stato, i locali avvoltoi di professione, gli avvoltoi per indelebile malata perversione.
Crepe profonde. Collassi imprevisti. Sconquassi improvvisi.
Cave, caverne, caveau, Tian, gli Orti, Piccinato, il 75, i Peep, lo Stockel.
Dove i pannelli solari diventano scoop, mentre protezione civile regionale e genio civile provinciale scompaiono sotto traccia, tra ruoli commissariali e mazzi di fiori.
Una città classificata negli edifici e per qualcuno anche nei morti, a,b,c,d,e,f, con strutture provvisorie in sigle, c.a.s.e., m.a.p., m.a.r., m.u.s.p. e 4000 persone ancora nelle tende.
Una città dove i sindacati scompaiono quando non si trasformano in pro-loco di quartiere e che dimenticano i silenzi, il "ci sono altre priorità", l'indiffirenza di fronte a lustri di lotte.
Una città dove quasi tutti continuano a rivolgersi, anche per il ripartire, alle responsabilità altrui, non interrogando mai le proprie, che forse ignorano di avere, non avendo compreso i ruoli di tutti i nodi nel costruire una polis.
Una città dove orgogliosi, tenaci e coraggiosi cittadini vengono oscurati da furbi, furbastri e furbetti.
Una città con quasi tutti con gli indici dispiegati, troppo pochi con le maniche rialzate e sempre gli stessi con gli affari in cartellina.
Una città che ha un cuore straziato e puntellato, ed un cervello con spazi sinaptici "sbracati" in un territorio sempre più allungato.
Ed un mondo che si affaccia sull'Aquila attraverso estemporanee finestre, alla ricerca di un fotogramma che gli racconti una qualsiasi verità, senza sapere quella che invece è una storia, una lunga e straziante storia collettiva.
C'è la neve sul Gran Sasso, la nostra gelida acqua è come sempre abbondante, lo zafferano aspetta impaziente un raggio di sole caldo per farsi vedere, in questo assurdo duemilanove, in questo san Luca, ennesimo giorno d'emergenza, in attesa di un diverso domani.