L'Aquila, 06 Aprile 2009

Le parti del nostro animo che la guerra ci ha strappato, ritorneranno al focolare.

giovedì 27 dicembre 2007

Auguri a tutti noi !

Il 22 Dicembre del 1947 veniva approvata dalla
Costituente la Costituzione della Repubblica Italiana.

Il 27 Dicembre, 60 anni fa, veniva promulgata
con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n.298/47).

Il 1 Gennaio 1948 entrava in vigore.

Quest'anno a mezzanotte brinderemo per questo !

Rovesciare il tavolo

Oggi sono tornato a chiedermi come mai la mia generazione
(diciamo i nati tra il 70 e l'84) non abbia rovesciato il tavolo.
Ho provato anche a darmi delle risposte.
In realtà mi fermo a pensare se abbiamo sbagliato,
cosa abbiamo sbagliato, perché abbiamo sbagliato.
Mi chiedo come è stato possibile, come è ancora possibile,
subire precarietà, schiavismo, sfruttamento.
Abbiamo ancora un briciolo di resistenza all'apoteosi
dell'individualismo mercantile e mercificante?
A me pare di si, però mi pare che sia una resistenza
che non sappia farsi rete, costruzione collettiva
di una alternativa possibile.
Ci spiazza il globo?
E' forse l'enormità della globalizzazione a farci sentire tanto
piccoli e tanto deboli ?
Razionalmente avremmo dovuto rovesciare il tavolo.
Abbiamo sopportato molto aldilà del possibile.
Avremmo dovuto costruire la rivolta.
Invece niente, niente di niente.
Non un briciolo di organizzazione.
E in questo quadro costretti a prenderci le briciole
che cadono dal tavolo .

mercoledì 26 dicembre 2007

Buone feste

Un caloroso augurio di buone feste
a tutti i navigatori che si sono
arenati in questo blog.


P.S.:
ma perchè se è festa io domani
devo andare a lavorare?

giovedì 20 dicembre 2007

E' arrivata la neve!

Gli elettori hanno deciso:

E' arrivata la sinistra per il 30%

E' arrivata la neve per il 33%

E' arrivata la tredicesima per il 25%

E' arrivata la macchina nuova per il 10%

mercoledì 19 dicembre 2007

Terapie adeguate

Roma, 18 dic. (Apcom) - "Sono contento che sia andata così, perché l'istituzione del registro delle unioni civili a Roma, come altrove, sarebbe stata un'autentica forzatura". Così l'arcivescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia accademia per la vita, si dice soddisfatto del voto nel consiglio comunale di Roma che ha bocciato la proposta pro-unioni di fatto.

In una intervista a Repubblica, Monsignor Sgreccia osserva: "E' un voto che rispetta in pieno i sentimenti che la stragrande maggioranza degli italiani e che gli stessi romani nutrono verso la famiglia tradizionale formata dall'unione tra un uomo e una donna. Peccato che tematiche così delicate siano diventate ostaggio di determinate ideologie. Ma per fortuna alla fine il buonsenso prevale sempre".

"Il voto di ieri - rileva Monsignor Sgreccia - era molto atteso. Ma poi è stata la stessa politica a prendere atto che, portando avanti certe istanze, non si va da nessuna parte. E sono proprio contento nel vedere come si è espresso il Consiglio comunale".

"Le coppie di fatto - conclude - sono situazioni sopportate nella maggioranza dei casi per tanti motivi: mancanza di lavoro, di abitazione, di stabilità socio-affettive. Ma sono gli stessi interessati che, appena superati questi problemi, preferiscono regolarizzare la loro posizione con il matrimonio". Quindi "le coppie di fatto vanno aiutate a superare le loro momentanee difficoltà per accompagnarle al matrimonio. Chi ha particolari tendenze sessuali, come gli omosessuali, non va discriminato, ma aiutato con interventi di tipo psicologico e con terapie adeguate. Sempre nella discrezionalità e nell'accoglienza e soprattutto senza battaglie ideologiche

martedì 18 dicembre 2007

Moratoria Pena di Morte (2)

«L'Assemblea generale, guidata dagli obiettivi e dai principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite;
Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo, la Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici e alla Convenzione per i diritti del bambino;
Richiamando le risoluzioni sulla questione della pena di morte adottate nel corso degli ultimi dieci anni dalla Commissione per i diritti umani in tutte le sue sessioni consecutive, la più recente essendo la E/CN4/RES/2005/59 che ha esortato gli Stati che mantengono la pena di morte ad abolirla completamente e, nel frattempo, a stabilire una moratoria sulle esecuzioni;
Richiamando gli importanti risultati raggiunti dalla ex Commissione per i Diritti umani sulla questione della pena di morte e contemplando che il Consiglio per i diritti umani possa continuare a lavorare su questo tema;

Considerando che la messa in atto della pena di morte va a minare la dignità umana e convinti che una moratoria sull'esecuzione della pena di morte contribuisca alla promozione e al progressivo sviluppo dei diritti umani; che non c'è prova definitiva del valore della pena di morte come deterrente; che qualsiasi errore o fallimento della giustizia sull'applicazione della pena di morte è irreversibile e irreparabile;
Accogliendo le decisioni prese da un sempre maggiore numero di stati nell'applicare una moratoria sulle esecuzioni, seguita in molti casi dall'abolizione della pena di morte;

1) Esprime la sua profonda preoccupazione per il sussistere dell'applicazione della pena di morte;

2) Esorta gli stati che mantengono la pena di morte a:
a) rispettare gli standard internazionali che salvaguardano i diritti di coloro che sono in attesa dell'esecuzione della pena capitale, in particolare gli standard minimi, come stabilito dall'allegato alla risoluzione 1984/50 del Consiglio economico e sociale
b) fornire al Segretario generale informazioni riguardanti la messa in atto della pena capitale e l'osservanza delle clausole di salvaguardia dei diritti di coloro che sono in attesa dell'esecuzione della pena di morte
c) restringere progressivamente le esecuzioni e ridurre il numero dei reati per i quali la pena di morte può essere imposta
d) stabilire una moratoria sulle esecuzioni in vista dell'abolizione della pena di morte.

3) Esorta gli stati che hanno abolito la pena di morte a non reintrodurla;

4) Chiede al Segretario generale di riferire sull'applicazione di questa risoluzione nella 63esima sessione;

5) Decide di continuare la discussione sul tema nella 63esima sessione all'interno dello stesso punto dell'agenda».

Moratoria Pena di Morte.

Approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni unite,
la moratoria della pena di morte.
104 voti favorevoli, 54 contrari, 29 astenuti.

Complimenti all'Italia, al governo e a D'Alema.

Adesso va fatta rispettare per poi rilanciare
per l'abolizione.

sabato 15 dicembre 2007

Ciao Federico

Oggi 15 Dicembre 2007 è morto il compagno Federico Brini.
Dirigente comunista, è stato consigliere regionale del Pci nella prima legislatura dal 1970 al 1972.
Nel 1972 lascia la Regione e diventa deputato per tre legislature.
Maestro per generazioni di militanti aquilani,
punto di riferimento costante per interpretare i processi sociali,
per conoscere meglio il mondo delle industrie,
sempre al fianco degli operai e dei lavoratori.
Negli ultimi anni ha criticato duramente la deriva che ha
portato alla sovrapposizione tra partito e Stato.
Ci ha confortato e stimolato durante le difficili discussioni sul
futuro della sinistra.
Nel territorio uno dei pochi in grado, con poche parole, spesso
sarcastiche, di fare analisi profonde, fuori dal provincialismo
e dal personalismo aquilano.

venerdì 14 dicembre 2007

Vergogna!

Quando il linguaggio è quello della guerra
la conseguenza è inevitabile.
E' una vergogna che speravamo
non sarebbe stata raggiunta.
L'Aquila non è Kabul.

giovedì 13 dicembre 2007

E' arrivata...

Attesa,
sperata,
sudata,
già usata,
è dunque arrivata.

mercoledì 12 dicembre 2007

Politiche per una città universitaria.

militarizzazione, coprifuoco, repressione.
E' in corso il sonno della ragione.

domenica 9 dicembre 2007

Storie passate, storia futura.

Un grandissimo momento.
Per una volta il bisogno è stato
straordinariamente rappresentato.
La forza trascinante per dare rappresentanza politica
a chi in questi anni ha saputo costruire un linguaggio
comune sui diritti e sui beni comuni, sul conflitto
tra questi, il lavoro e l'acqua in primis e il modello
imperante di capitalismo sfrenato.
La forza trascinante per dare rappresentanza politica
a chi in questi anni ha saputo costruire un linguaggio
comune sulla pace come scelta strategica per le relazioni,
per l'economia, per la giustizia e l'uguaglianza.
Finalmente una rappresentanza politica comune che
sa far incontrare chi nei partiti ha continuato a far
vivere le ragioni del socialismo, del comunismo,
del femminismo, dell'ambientalismo classico e chi
con i propri corpi, nel grande mare abbandonato dai partiti,
ha percorso un decennio costituente, costruendo identità,
programmi, linguaggi, linee di conflitto comuni.
La Sinistra l'Arcobaleno è tutto ciò, è la strada,
finalmente comune, per ridare una speranza di un futuro migliore.
La Sinistra l'Arcobaleno è l'inizio di una sinistra radicata
nella storia, ed è la nostra storia futura.

giovedì 6 dicembre 2007

Macchia d'olio

"Caro Segretario, prendo a calci i primi mattoni di un muro di silenzio che non vorrei calasse fra noi. E vorrei chiederti invece di avere fiducia in quel che io sto cercando di fare. Occorre certo che passi qualche giorno, che la situazione delle imprese, e non solo della politica, appaia (come del resto già è) insostenibile. E' inoltre realisticamente utile che la macchia d'olio si allarghi. Neppure a quel punto credo che sarà possibile estinguere reati di codice. Ma credo che l'estensione per essi dei patteggiamenti e delle sospensioni condizionali sia una strada percorribile. Sto conquistando su questo preziosi consensi. E ritengo che si ottengano così procedure non massacranti, che evitano la pubblicità devastante dei dibattimenti e forniscono possibilità di uscita (...). Claudio mi pare ormai in pericolo. Apprendo che, se ci fosse un riscontro a ciò che ha detto Larini, già sarebbe partito un avviso per concorso in bancarotta fraudolenta. Io sono qua. E continuo ad esserti grato ed amico. Giuliano".

Lettera di Amato a Craxi
9 Febbraio 1993

mercoledì 5 dicembre 2007

lunedì 3 dicembre 2007

Francesco De Martino - 2001

Ha 94 anni, Francesco De Martino: un Patriarca, sì, ma di una famiglia, quella del socialismo italiano, che una spaventosa bufera ha disperso per mille rivoli. E poi lui, De Martino, della dissoluzione del Psi non ha proprio voglia di parlare: «Vedere ridotti in questo stato gli eredi di un partito che nella storia italiana ha rappresentato quel che ha rappresentato, più che meravigliarmi, mi mette malinconia, e alla mia età non bisogna immalinconirsi. A me, pensi, il futuro interessa molto più del passato. Stiamo vivendo, in Italia e nel mondo, un passaggio d’epoca. E quello che più mi addolora della vecchiaia è che non potrò mai sapere come andrà a finire...».
Tra qualche giorno si vota, professore. Pensa anche lei, come Norberto Bobbio e Alessandro Galante Garrone, che la posta in gioco sia la democrazia?
«Ho grandissimo rispetto per Bobbio e Galante Garrone, ma allargherei un po’ il discorso. Un sistema democratico cede all’autoritarismo, ma oggi è più giusto dire al plebiscitarismo, se i suoi pilastri non reggono più. E io non riesco a immaginare pilastri diversi dai partiti e dai sindacati».
Be’, a dire che è stato Silvio Berlusconi a mettere in crisi i partiti e i sindacati si rischia di scambiare la causa con l’effetto...
«Già, bisognerebbe sforzarsi di capire com’è che si è prodotto, il fenomeno politico Berlusconi. Ha le televisioni, certo, e questo è stato ed è decisivo per fare arrivare a segno il suo messaggio. Ma non dimentichiamo che, sin dall’inizio, i destinatari di questo messaggio sono stati elettori privi dei partiti per cui tradizionalmente votavano».
E non c’entra anche il «passaggio d’epoca» di cui lei parlava prima?
«Penso proprio di sì. I valori predominanti, ormai, sono la concorrenza, la competitività, l’egoismo individualistico: e questo non può non indebolire i partiti, in primo luogo, ovviamente, quelli di sinistra, e i sindacati. Non è un fenomeno solo italiano, si capisce, ma da noi la tendenza ad esautorare questi organismi è più forte che altrove. E non incontra troppe resistenze in una sinistra che, anzi, accetta acriticamente un simile quadro di riferimento. Non credo che si possano trovare risposte soddisfacenti nei nostri classici, è chiaro. Ma trovo ugualmente stupefacente che una sinistra moderna non si chieda nemmeno se sia possibile, e come, favorire il progresso tecnico e scientifico indirizzandolo verso l’interesse collettivo e non solo verso l’interesse dei gruppi economici e finanziari più potenti».
Neanche questo, a voler essere sinceri, sembra un problema solo italiano...
«Ma in Italia è più evidente che altrove. E di anomalie noi ne presentiamo anche un’altra, di natura che potremmo definire "etnica": la frammentazione. Ognuno, non soltanto a sinistra, ma soprattutto a sinistra, vorrebbe un partito esattamente eguale a quello che ha in testa».
E’ una storia antica...
«Antichissima: basta pensare al Psi. Mentre il fascismo stava già vincendo, i socialisti si dividevano su come fare la rivoluzione. Dopo la Liberazione, nel mondo diviso in due dagli accordi di Yalta, rivoluzionari e riformisti avrebbero potuto benissimo convivere nello stesso partito, perché possibilità di andare oltre certi limiti, in Italia, non ce n’erano. Invece prevalsero le passioni...».
E si perse sul nascere la possibilità di dar vita anche da noi, come in tanta parte d’Europa, a un grande partito socialista. Tanti anni dopo, non le sembrerebbe giusto riconoscere che, nel 1947, aveva ragione Giuseppe Saragat?
«Sul piano storico sì, sicuramente, tanto è vero che le sue idee hanno vinto. Ma politicamente fu sconfitto, e non per caso: la spinta all’unità era fortissima tra i lavoratori che sognavano di "fare come in Russia" ma anche tra quelli che, più semplicemente, volevano un lavoro e un salario dignitoso. Li ricordo bene, quegli anni. Dopo lo scioglimento del Partito d’Azione, ero confluito, con tanti compagni, nel Partito socialista. Da professore, non da funzionario di partito, trovai finalmente la tranquillità della coscienza proprio partecipando a quei congressi, a quelle assemblee, dove cadevano le differenze di classe, e prevaleva la comunanza di sentimenti e di ideali».
Comunque, se fosse nato un grande partito socialista, la storia italiana sarebbe stata assai diversa. E diversa sarebbe stata anche la sorte del nostro sistema politico: prima o poi, avremmo conosciuto anche noi l’alternanza.
«Probabilmente sì. Ma la storia è quella che è, non possiamo cambiarla. E nemmeno i suoi protagonisti. Pensi a Pietro Nenni. Nel ’47 forse non credeva che Saragat avrebbe fatto davvero la scissione...».
E nel ’63, quando a lasciare il partito, per dare vita al Psiup, fu la sinistra filocomunista?
«Nenni pensò che quello fosse il prezzo da pagare per fare il centrosinistra. Anche Riccardo Lombardi era molto critico sull’accordo che stavamo facendo con la Dc. Quando gli dissi che rischiavamo di perdere anche lui, Nenni allargò le braccia e mi disse: "Che ci vuoi fare?". Io feci di tutto per trattenerlo, e ci riuscii. Chi dirige un partito lungo un passaggio storico ha il dovere di cercare di preservarne l’unità. A quale costo? In me prevalse l’idea che il governo di centrosinistra dovessimo comunque farlo. Non sono convintissimo di aver visto giusto, il dubbio me lo porto ancora appresso».
L’eredità della stagione craxiana, secondo lei, è da liquidare in blocco?
«No, l’intuizione di Craxi era giusta, l’Italia andava ammodernata, a cominciare dal sistema politico: ma, nel concreto, Craxi fece tutto l’opposto. Il vero motivo di divisione tra noi e i comunisti consisteva nel loro rapporto con l’Urss. E proprio negli anni in cui il Pci si rendeva sempre più autonomo da Mosca, la polemica di Craxi si faceva più aspra, come se il Psi avesse deciso di andare in senso contrario al processo storico, mettendosi sulla china che, passo passo, lo avrebbe portato fino alla scelta del cosiddetto Caf».
Qualche responsabilità, magari, la avranno avuta anche i comunisti .
«Sì. Però io non dimentico che alla metà degli anni Settanta, dopo che a Mosca aveva solennemente dichiarato di considerare la democrazia un "valore universale", io dissi a Berlinguer: "Adesso non ti resta che cambiare il nome al tuo partito"...».
E lui?
«Mi rispose: "Non posso, perché quelli là (e intendeva i russi) farebbero nascere subito un altro partito comunista, e i miei non sono preparati a un simile trauma". Evidentemente, Berlinguer teneva all’unità del suo partito più ancora di quanto io tenessi all’unità del mio».
Massimo D’Alema e Giuliano Amato, ma non solo loro, sostengono che, comunque vadano le elezioni, bisognerà porre mano alla costruzione di un partito socialista di stampo europeo. Lei considera ancora attuale questa prospettiva?
«Attuale? Sì, ma in forme nuove rispetto al passato. E utile. E necessaria. La politica ha bisogno di riferimenti che durino nel tempo, di partiti in cui si sta assieme anzitutto perché se ne condividono gli ideali».
Ma lei pensa che questa parola così carica di storia, di grandezze ma anche di miserie, socialismo, possa significare ancora, per i giovani, qualcosa per cui vale la pena di impegnarsi?
«I giovani... Ogni tanto mi viene da pensare che servirebbe non dico un nuovo Marx, ma qualcuno che si impegni ad affrontare un po’ meno superficialmente categorie che oggi vanno per la maggiore, come la globalizzazione: possibile che a così pochi venga in mente che, per adesso, rischia di coincidere con il potere indiscusso di una sola grande potenza sul piano mondiale?».
Le chiedevo del socialismo.
«Socialismo è una parola che in molti suscita preoccupazione, in molti, al contrario, speranze. Ma la parte che ha sperato, e vorrebbe continuare a sperare, è delusa, e alle elezioni si astiene».
E lei, spera?
«Io sono molto anziano, anzi, sono molto vecchio. Quando ero giovane, la piccola borghesia mangiava la carne una volta la settimana, la povera gente due o tre volte l’anno, nelle grandi festività. Da allora l’Italia è straordinariamente cambiata, e in meglio. Ma, fino a quando ci sarà disuguaglianza, ci sarà sempre richiesta di condizioni migliori di vita. Sul piano materiale, certo, ma anche sul piano morale e civile».

7 maggio 2001