L'Aquila, 06 Aprile 2009

Le parti del nostro animo che la guerra ci ha strappato, ritorneranno al focolare.

martedì 11 giugno 2013

un soffio per camminare

Ci provo lo stesso. Che dopo 4 anni trovassi un pantano in fondo mi era chiaro. Non ho certo disattivato l'osservazione, anzi. Ho visto scorrere, resistere o disgregarsi, fuggire e recidere. Scorrono, in alcuni casi incrociandosi, in altri parallelamente, piani di vita via via attivatisi. C'è quella sospesa, interrotta, che sto ricucendo meticolosamente, per far tendere i limiti del giorno prima con quelli del giorno dopo, una "discontinuità" si, ma nell'arco di una vita di fatto "funzionalmente eliminabile". Ci provo ogni giorno e in alcuni aspetti, indubbiamente costitutivi della mia identità, in fondo sembra quasi che ci stia riuscendo, si, oggettivamente ci stiamo riuscendo. Ci sono però i piani di vita partiti via via in questi lunghi, lunghissimi, cinquanta mesi. Sono piani di vita che ho osservato, su cui mi sono appena appena affacciato, che stanno scorrendo, senza precauzioni, e che hanno accumulato il loro carico di problemi, di arretrati, di nodi da sciogliere. Non posso scendere da nessuno di questi semplicemente facendo finta di niente. Devo salirci sopra, affrontarli d'impeto, alleggerirli di tutto il carico lasciato li in questi anni, lasciato in attesa di recuperare la parte più solida della mia testa, quella parte di me fino ad oggi concentrata a tenermi in piedi, a farmi resistere dentro il baratro, nell'inferno dentro e nell'inferno fuori. E dopo averli alleggeriti devo piegarli, riportarli sul piano di vita principale, funestato da anni terribili, ma dove c'è la parte migliore della mia vita, con le persone che per anni hanno subito, sopportato e gestito il mio inferno e che ora meritano la parte migliore di me. C'è il piano pubblico, quello cittadino e non solo, da piegare anch'esso sul mio piano di vita, perché non merita una mia fretta, né d'essere vissuto sconnesso dalla vita reale, non lo meritano le persone che l'albergano come fosse un mondo a sé, senza né i corpi delle persone, né le pietre di una città. C'è infine quel soffio sulle ferite sanguinanti, quel sollievo sull'anima che brucia. E' un soffio di una madre sulla ferita di un figlio, il soffio di un amante su un corpo pietrificato, è il soffio di un amico su un cuore inaridito. Starei lì, immobile, a godere per sempre quel soffio, lasciando tutta la mia vita lontana e fuori da questo improvviso, godevole rifugio. Sarebbe la mia fuga, penserei in fondo di meritarmelo, dopo tanto lancinante bruciare. Sarebbe un errore, uno splendido errore. Quel soffio e quel sollievo, che vorrei godere solo per me, devono invece farmi alzare, farmi camminare, devono farmi affrontare e pulire questi anni di arretrati, far riconvergere i piani. Non sarà facile rinunciare ad un rifugio, ma è meglio riprendere un cammino, ora che posso, che attendere che il soffio si esaurisca, lasciando ancora tutto in sospeso e bruciando insieme al rifugio usurato.

lunedì 10 giugno 2013

però...

Non è mica una banalità.

sabato 8 giugno 2013

è giunta l'ora di camminare

futile post, indubbiamente, essendo il blog totalmente inattivo. Eppure mi par giusto ricominciare, esattamente da qui, riprendendo un cammino, dopo anni di apnea. E' stato un lungo rifugio della testuggine, ora la testa è fuori, ci si guarda intorno e si riprende un lento e inesorabile cammino.