L'Aquila, 06 Aprile 2009

Le parti del nostro animo che la guerra ci ha strappato, ritorneranno al focolare.

martedì 13 maggio 2008

Girogirotondo - quasi quasi mi faccio una ronda

di Roberto Cotroneo

Alla fine sempre in tondo ci tocca girare. Dal paese dei girotondi al paese delle ronde. Va detto, erano meglio i girotondi, almeno c’era un po’ di piacere gioioso in quelle catene di mani che si tenevano assieme. Ora con le ronde il vento di destra soffia come non mai. Cittadini volenterosi, cittadini seri, cittadini emotivi, cittadini di An, e cittadini persino del Partito Democratico, e poi cittadini che diventano City Angels. Tutti in strada, disarmati, è ovvio, a difenderci dalle aggressioni, dai pericoli della strada. Gente che controlla che tutto sia a posto, e che utilizza taccuino e macchina fotografica, oltre naturalmente al cellulare.

Loro ci sono, le forze dell’ordine anche, quattro occhi sono meglio di due. Ma il clima comincia a suonare drammatico, persino grottesco: «Ci puoi riconoscere dal basco o berretto blu», dice il sito dei City Angels, «simbolo delle forze Onu portatrici di pace, e dalla giubba o maglietta rossa con sopra il nostro logo, un’aquila che protegge la città».

Il basco, certo, copricapo per eccellenza di tutti gli eserciti di tutto il mondo, dei partigiani, di Che Guevara. Loro li riconosci dal basco, e le ronde padane le riconoscerai dal verde scintillante, e quelle di An da che cosa le riconosci? Avranno un basco bordeaux come quello dei parà della Tuscania? E le ronde democratiche e di sinistra, invece? Basco nero come il Che. Ma non è che poi alla fine si confondono una con l’altra. La ronda padana litiga con la ronda di Alleanza Nazionale per il controllo delle strade e del territorio. E con le ronde di sinistra come facciamo? Applichiamo le percentuali delle elezioni, semplice. Il 30 per cento o poco più del territorio di una città va a loro. Possibilmente le zone centrali, quelle un po’ snob, dove si potrebbe vigilare su barboni, alcolisti disperati, con una certa attenzione al decoro urbano. Mentre nelle periferie ci mandiamo quelli che hanno una predisposizione quasi genetica al rondismo. Veri militari, armati di buona volontà e muscoli saldi (riguardo ai nervi, lasciamo perdere, è una pretesa eccessiva), pronti immobilizzare immigrati molesti, ladri di appartamento, rom con predisposizione al furto, e tutto quanto desta sospetto. Cammineranno allineati in mezzo alle strade, genere “intoccabili” e desteranno ammirazione in tutti. Le ronde si potranno ufficializzare creando un registro delle ronde. Con una normativa su divise, colori di appartenenza e zone di influenza. Si potrebbe anche tirare a sorte, e persino spostarle, da una città all’altra, se ce ne è bisogno, e per riunire il paese, dargli di nuovo un’identità nuova, mandare i rondisti padani a Catania, e i rondisti siciliani a Varese. Che sarebbe persino una bella cosa. I nostri ragazzi di ronda si potrebbero conoscere tra loro, e capirsi, e stare assieme.

Con il tempo la ronda, da fenomeno occasionale e spontaneo, oltre che emotivo, potrebbe diventare organico. E visto che molti giovani sono senza un lavoro fisso, si potrebbe decidere per la ronda di leva. Vieni chiamato per due mesi, una volta all’anno, a girare in tondo per quartieri a rischio, luoghi malfamati, e periferie povere e difficili. Senza armi, certo. Ma consapevole di un compito che ormai si potrebbe definire storico. Si potrebbe creare un comando generale delle ronde. E organizzare anche la sfilata dei rondisti nel giorno della ronda, che verrà stabilito dal Parlamento, con i loro baschi, i loro colori e le loro divise. Finalmente si potrà anche cominciare a pensare che la ronda possa diventare anche un’occasione di guadagno. Con Tremonti e Berlusconi al governo si potrebbe studiare un canone per le ronde, da pagare come l’Ici, e che permetterebbe ai comuni di finanziarle. I cittadini danno qualche euro e le ronde vengono stipendiate. Con il tempo anche sponsorizzate. Sulla camicia da rondista potremmo metterci un bel marchio, una griffe, e di sicuro gli stilisti potrebbero disegnare divise e stemmi, perché noi italiani siamo eleganti. E non è che mandiamo le ronde in giro come fossero degli straccioni.

Sarebbe opportuno, essendo ronde, decidere se ruotano in senso orario, o in senso antiorario. Sarebbe meglio il primo caso, ovvero da sinistra verso destra, vista la tendenza elettorale degli ultimi tempi, ma in Toscana e in Emilia, e certamente nella Bologna del sindaco Cofferati, è auspicabile il ruotare da destra verso sinistra. Ma accanto alla guardie padane, alla ronda di notte di quelli di destra, alle ronde di sinistra, tanto politicamente corrette, ci sono anche quelli che vorrebbero farsi una ronda tutta loro e non sanno come iniziare, quali moduli compilare, e se c’è qualche agevolazione fiscale. A parte che ci sono scuole di ronde che cominciano a nascere per l’Italia. Dove uno si iscrive, e comincia a girare in tondo per un po’, passeggia per la città con un istruttore, e ogni tanto fa il 113 e dice, individuo sospetto all’incrocio tra via Garibaldi e piazza Mazzini. Ma si potrebbe devolvere l’8 per mille della dichiarazione dei redditi alla propria ronda preferita. Ronde cattoliche, ronde comuniste, ronde progressiste e riformiste, ronde mistiche e pacifiste, ronde gandhiane. Anche ronde ambientaliste, certo, specializzate nel controllare che non si sporchino le spiagge o che i padroni dei cani puliscano come si deve il marciapiede.

Ci saranno ronde di cielo, ronde di mare e ronde di terra. Le ronde in pedalò e le ronde di montagna, perché i sentieri alpini mica sono più quelli di una volta, e ronde multinazionali e multietniche, ovviamente. Arriverà il giorno che i nostri nipoti potranno finalmente dire: se lei non se ne va, chiamo la ronda, anziché i carabinieri e la polizia. Perché tutti saranno rondisti, e l’ordine regnerà sovrano per l’intera penisola. E tutto sarà sotto controllo. E saremo finalmente un popolo ordinato e felice.

da l'Unità


1 commento:

Luca D'Innocenzo ha detto...

giuro che non l'avevo letto