L'Aquila, 06 Aprile 2009

Le parti del nostro animo che la guerra ci ha strappato, ritorneranno al focolare.

giovedì 15 novembre 2007

Questione di cittadinanza.

Cosa c'è dietro l'eliminazione degli Enti per il Diritto allo studio universitario?
Prima nel Lazio, poi in Lombardia, poi la Puglia ed uno ad uno cadono in tutta Italia.
In molte regioni (Lazio, Lombardia, Veneto) per anni i commissariamenti si sono susseguiti.
Ma il collasso si tocca con le città "universitarie" per eccellenza. Le città che hanno un rapporto studenti/residenti alto.
Le città con il rapporto piu' alto sono Camerino e Urbino, Marche, con storie "individuali". Una è un Università piu' che una città. Una città-campus. 7000 abitanti, 10000 studenti. L'altra è l'ultimo residuo di università non statale non privata (caduta).
Poi le vere "città universitarie" italiane, quelle di "provincia" come Pisa, Cosenza, L'Aquila, Siena, Pavia, Perugia, Lecce fino a Padova, Bologna, Firenze.
Una, Cosenza, ha anche lei una storia "speciale", a sè stante e andrebbe studiata in modo particolare.
Queste città sono cambiate con l'esplosione universitaria, prima con l'apertura degli atenei nel dopo 68, poi con il nuovo saltino (verso la massa) del 3&2.
Al cambiamento dei "numeri" si è aggiunto il cambiamento della "relazione" tra giovani, veloce, orizzontale, magmatica, in una parola "reticolare"; un cambiamento dovuto a mille fattori, la comunicazione, la tecnologia, la residenzialità fuori sede, l'esplosione della notte.
Solo alcune città hanno affrontato la questione del "welfare studentesco", quasi nessuna la questione della cittadinanza vera e propria. Non sono la stessa cosa.
Borse, alloggi pubblici, tariffe scontate etc.. sono il welfare, ma il welfare è solo una parte, fondamentale e imprescindibile sia chiaro, dell'integrazione vera tra studenti e città.
L'armamentario istituzionale per il welfare e per la cittadinanza ha visto al centro, in modo insufficiente peraltro, gli enti per il diritto allo studio universitario.
Le adsu, ardsu, ersu, adisu, etc.. ; gli organismi di gestione del dopo "opere universitarie" nate dalla legislazione regionale conseguente la legge quadro 390-91.
Insufficiente perchè la cittadinanza è un problema che vede da un lato la questione dei "livelli essenziali delle prestazioni", ancora inesistenti in italia e che non possono che essere definiti da legge (altro che dpcm), dall'altro la legislazione regionale ed infine la triangolazione locale Università-Regioni-Comuni.
Le adsu hanno assolto bene (come forma, poi le degenerazioni pugliesi-emiliane le lasciamo ad altra riflessione...) alla costruzione del rapporto Regione-Università.
Ma la cittadinanza necessita di una maggiore integrazione Università-Regione-Comune.
Di fronte a questa enormità (di sfida), ci si trova invece con regioni che discutono di cancellare le Adsu, per centralizzarle regionalmente e rimetterle alla pura mercè delle giunte regionali. Le Adsu sono gli enti che piu' facilmente possono costruire la relazione nel territorio, avrebbero si bisogno di una riforma, ma per agganciare alle discussioni anche i Comuni, non per cancellare definitivamente la "territorialità" della cittadinanza.
E' un punto di rottura. Nettissimo.
E' una trasformazione epocale (cancellare enti di quindici anni non è mica un problema contingente...) e sta passando (in alcuni casi è passata) sotto silenzio, con la banalità dei costi, della riduzione...delle funzioni omogenee (omogenee? Firenze e Siena? L'Aquila e Teramo? Bari e Lecce? Bologna e Ferrara? se si discutesse di cittadinanza altro che omogenee...), del numero dei consiglieri, della sede regionale, e stron.ate varie.
Le competenze statali (lep), quelle regionali, l'autonomia degli atenei e le politiche di governo del territorio devono incrociarsi per delineare le "regole" della città universitaria. Le adsu non sono all'altezza di questa sfida, ma la proposta politica (politica?) è un enorme passo indietro. Se l'allocazione del "potere" è posto in un luogo incapace di "governare" i processi delle città universitarie allora il pubblico farà un passo indietro. Non avrà "potere" sui processi reali e potrà solo limitarsi a gestire bandi regionali di borse di studio. Il resto, la vita quotidiana degli studenti, non avrà "il pubblico" di mezzo, non potrà che essere consegnato per sempre al solo mercato. La monetizzazione di tutti i servizi sarà lo sbocco inevitabile.
L'azienda regionale darà assegni, borse o prestiti. Di sola moneta. I servizi saranno tutti consegnati a privati e si "acquisteranno" con la moneta di cui sopra.
Le popolazioni studentesche sono un mercato e i servizi pubblici collettivi sono un intralcio. Potenziarli è interesse pubblico. Cosa di meglio che cancellarli dicendo che è per "abbassare i costi della politica"?

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